L’assalto all’acqua del governo Meloni

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha lanciato il 1° ottobre un allarme: il governo di destra-centro è pronto ad assestare l’ultimo colpo al diritto all’acqua pubblica.

Il governo Meloni vuole seppellire il Referendum del 2011

Il governo Meloni si appresta a privatizzare definitivamente la gestione del servizio idrico nel nostro Paese. Risulta infatti in via di discussione in un prossimo Consiglio dei ministri la bozza di Decreto-legge “Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico” all’interno della quale, alla lettera e) dell’art. 3, si può leggere che “…L’affidamento diretto può altresì avvenire a favore di società in house…con partecipazione obbligatoria di capitali privati a condizione che:
le medesime siano partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale e abbiamo come soggetto sociale esclusivo la gestione del servizio idrico integrato;
il socio privato, direttamente o indirettamente, detenga una quota del capitale sociale non superiore a un quinto;
al socio privato non spetti l’esercizio di alcun potere di veto o influenza determinante sulla società;”
Non sono bastati 13 anni, durante i quali, governi di diverso colore hanno continuamente ignorato l’esito referendario, ma ora, se questo decreto venisse licenziato definitivamente, si porrebbe una pietra tombale alla volontà popolare espressa nel giungo 2011 favorendo e rendendo di fatto prioritaria la scelta di ingresso di capitali privati nella gestione dell’acqua.

Ovviamente il pretesto è quello di aumentare i finanziamenti al servizio per renderlo adeguato in termini di ammodernamento della rete e di superamento delle condizioni di dissesto idrogeologico che interessano il nostro Paese e che ancora persistono, nonostante i continui aumenti tariffari (pagati dalle nostre tasche) registrati in questi ultimi 12 anni, grazie al metodo di calcolo della tariffa stabilito dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambienti (ARERA) che, evidentemente, con il suo principio di “Full Recovery Cost” si dimostra sempre più un buco nell’acqua. A nostre spese e a fronte di lauti dividendi ridistribuiti ai soci di quei gestori, a partecipazione pubblico-privata, già presenti sul nostro territorio.

Dopo il colpo di mano di Mario Draghi, che prima di mollare l’osso della sedia presidenziale del 2022, vieta la gestione dei servizi locali “a rete” (tra i quali la gestione del servizio idrico) attraverso Enti di diritto pubblico (così come espresso dall’esito referendario), e il conseguente “Testo unico sul riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica” a firma di Giorgia Meloni con il quale si concedeva il rinnovo o la costituzione ex novo di gestioni in house tramite strettissimi paletti (tra i quali una giustificazione del mancato ricorso al mercato), ora gli Enti locali (Comuni o Regioni) si vedrebbero calare dall’alto questa nuova disposizione con la quale verrebbero usurpati di quote gestionali per una quota pari al 20% a fronte di una partecipazione privata di soggetti che senza “alcun potere di veto o influenza determinante sulla società” difficilmente rinunceranno a incassare il dividendo scaturito nella gestione del servizio al termine dell’esercizio invece che re-investirlo nel servizio erogato, contribuendo in questo modo a mantenere alte le bollette…e vuote le nostre tasche.

Tutto questo nonostante l’Europa non chiuda affatto la porta ad alcuna gestione, anche quella attraverso Aziende Speciali.

Sarà proprio all’Europa, nel condannare fortemente questo ennesimo tentativo di privatizzazione dell’acqua, che il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua si rivolgerà a breve con il deposito presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del testo di un ricorso che intende ristabilire il diritto negato dalla mancata eseguibilità dell’esito referendario del giugno 2011, per garantire a tutt* noi una gestione dell’acqua pubblica, fuori dalle regole del mercato, partecipata ed equa.

Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.

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