Salgono sui tetti, forse semplicemente per farsi vedere. Quando riescono evadono e a volte ritornano, come successe nel dicembre del 2022 al minorile Beccaria di Milano. Altre volte scrivono, scrivono lettere. Il Presidente della Repubblica, nell’incontro con i giornalisti per la cerimonia del Ventaglio, ha citato quella che gli hanno indirizzato i detenuti del Nerio Fischione di Canton Mombello, Brescia, dove secondo l’ultimo rapporto dell’associazione Antigone il sovraffollamento è del 200%. «La descrizione è straziante. Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile, qual è – e deve essere – l’Italia», ha commentato Sergio Mattarella.
Negli stessi giorni anche i detenuti del Sant’Anna di Modena, scrivevano al Garante per chiedere ventilatori per provare a combattere il caldo afoso che attanaglia la città emiliana fino a notte fonda e misure sanitarie per eliminare la presenza di scarafaggi. Anche qui, poi, c’è una presenza reale che va ben al di là dei posti previsti con 538 detenuti contro una capienza di 372. “Tante volte – si legge nella missiva – abbiamo chiesto ventilatori, ma ancora non sono stati presi provvedimenti, nonostante la presenza di anziani e cardiopatici nelle celle”. La presenza di insetti e topi non è una novità, da queste parti.
L’epistolario dagli istituti penitenziari italiani è ricco di carta straccia. Come la lettera uscita dal Santa Maria Maggiore di Venezia e pubblicata sul Gazzettino di Venezia pochi mesi fa, l’ennesima: nel frattempo il 2 giugno e il 15 luglio due detenuti si sono impiccati nelle celle e il 24 luglio è scoppiata una rivolta tra i reclusi per le condizioni di sovraffollamento di una sezione nella quale ci sarebbero 245 persone a fronte di 159 posti.
Rivolte, in questa estate 2024, sono esplose al minorile di Milano, l’ultima nella notte tra venerdì e sabato quando uno dei giovani detenuti avrebbe dato fuoco a un lenzuolo provocando l’intossicazioni di alcuni compagni di cella; e poi proteste a Caltagirone, Biella, Torino. Sollicciano. Terni, Trieste. Per citarne alcune che al massimo rimangono relegate alle cronache locali ma che compongono un unico puzzle.
«Nella mia cella siamo in sei persone, non abbiamo armadietti per riporre le nostre cose e c’è una sola turca, situata proprio accanto al tavolo dove cuciniamo. Non riceviamo adeguata assistenza sanitaria né cure mediche, non possiamo accedere con continuità a programmi educativi, non abbiamo assistenza psicologica permanente e la Polizia Penitenziaria non riesce a gestire tutte le problematiche relative alla sicurezza”, scriveva il 26 aprile Giovanni Granieri, recluso a Rebibbia, Roma.
«Vi scrivo per informarvi che a partire da domani avrà inizio uno sciopero nazionale ad oltranza nelle carceri italiane. I detenuti non acquisteranno più la spesa fino a data da destinarsi. Questo sciopero è un atto di estrema necessità per protestare contro le condizioni disumane in cui noi detenuti siamo costretti a vivere. Le condizioni delle carceri, già difficili, sono diventate ormai insostenibili e non mostrano alcun segno di miglioramento».
A Rebibbia l’altro ieri, venerdì 26 luglio, c’è stato l’ultimo suicidio in cella, il 59imo suicidio di un detenuto da inizio anno. Numero al quale vanno aggiunti i 6 agenti di polizia penitenziaria che si sono tolti la vita sempre in questo 2024, perché anche le condizioni di lavoro nelle carceri italiane, si sa, sono pesanti.
Sempre in settimana, il rapporto dell’associazione Antigone ha ribadito quello che denuncia da decenni: il tasso di affollamento medio negli istituti penitenziari, compresi quelli per minorenni, è del 130,4%, con punte di oltre il 200% al San Vittore di Milano e al Canton Mombello di Brescia. “Questo significa che ci sono 200 persone detenute laddove ce ne dovrebbero essere 100. Per capire la gravità della situazione si pensi ad una scuola o un ospedale dove ci siano il doppio degli studenti o dei pazienti che le strutture sono in grado di seguire”, si legge nel rapporto.
Anche i Tribunali di sorveglianza rappresentano un quadro drammatico: nel 2023 sono stati presi in carico poco più di 8.000 ricorsi presentati per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e di questi il 57,5% sono stati accolti dalla magistratura di sorveglianza.
Per il Cnca (Coordinamento nazionale Comunità di accoglienza) il cosiddetto Dl svuotacarceri non è la soluzione: cita strutture di accoglienza indefinite, non affronta il nodo delle lungaggini burocratiche legate al funzionamento degli organi della giustizia, non prevede nuove assunzioni per le figure educative negli istituti di pena.
«Risulta sempre più evidente come l’immaginario istituzionale sia lontano dal dettato costituzionale, basta leggere la maggior parte degli organi di stampa, come nel caso delle risposte della magistratura di sorveglianza, circa gli esposti provenienti dal carcere di Solicciano, rigettati anche perché: “L’acqua calda non è un diritto, il carcere non è un hotel”», si legge su uno degli ultimi articoli del giornale online del carcere di Torino, Letter@21.