Condividiamo tre articoli, di tre membri del Consiglio di Presidenza di Libertà e Giustizia che osservano e analizzano le parole e le liturgie seguite al decesso di Silvio Berlusconi. Di seguito, l’opinione di Nadia Urbinati, pubblicata sul Domani del 16 giugno 2023.
L’Italia sperimenta una nuova forma di autarchia, l’info-autarchia. L’opinione cartacea e televisiva ci ha per giorni riempito di immagini e parole sul mito/eroe/santo/rivoluzionario Silvio Berlusconi. Colui che si è sacrificato per noi tutti scendendo in politico per salvarci dal comunismo. Con poche eccezioni, pochissime, questa immagine irregimentata ha mostrato al mondo un paese isolato. L’Italia vista e rappresentata da dentro e l’Italia vista e rappresentata da fuori sono come due pianeti. L’Italie più vicina alla realtà è certamente la seconda. Non vi è quotidiano straniero, prerlomeno nei paesi democratici o cosiddetti occidentali, che non ricordi di Berlusconi quel che da noi non si dice: le ragioni che lo hanno catapultato sulla scena politica (prosaicamente il salvataggio della propria azienda); il servizio disonorevole che ha reso alla cosa pubblica, alla legge, al senso della decenza politica; il mercimonio delle funzioni pubbliche in cambio di favori sessuali; e quel ‘bunga bunga’ che è diventato una categoria usata a identificare l’uso improprio del potere in quella forma definita da Giovanni Sartori “sultanato”. L’infoautarchia ci solleva da questa immagine.
Il Berlusconi di casa nostra è un’altra persona. E’ l’eroe del liberalismo, il liquidatore del moralismo, colui che ci ha portato una boccata d’aria fresca liberandoci dalle ideologie partitiche, slegando il discorso pubblico dal giudizio etico per legarlo a quello estetico, come spiegò Alessandro Pizzorso. Tanto docile lettura da compromettere perfino l’interpretazione dell’omelia del vescovo di Milano ai funerali di Berlusconi – che ci ha ricordato il significato della Città di Dio di Agostino, rappresentando una persona che ha conosciuto solo i valori della “città dell’uomo” e con essi va ora al cospetto del giudizio di Dio. Una brillante analisi impietosa di una vita non cristiana. Ma pochi hanno compreso. Dunque, la politica come affare è un segno di emancipazione; le beghe giudiziarie sono state persecuzioni; l’onestà fiscale un’idiozia da fessi; il duopolio televisivo un vero ‘pluralismo’. Un mondo rovesciato, orwelliano, donatoci da colui che doveva liberarci dal comunismo. E che ha posizionato il nostro paese tra gli ultimi nella classifica delle democrazie. Posizione meritatissima se si considera l’effetto soporifero dell’infoautarchia. A completamento giunge il coro istituzionale (il Presidente del Senato in testa) che traduce ogni opinione critica in “odio”. Attenzione: d’ora in poi chi dice ‘bau’ invece di ‘miao’ rischia di essere bullizzato come violento. Cantare nel coro: questa è la norma della info-autarchia. E il Parlamento (luogo dove i pro e i contro sono di casa) è un indicazione simbolica: offerto come corpo sacrificale. Con un coro di silenzi, a comprovare il potere dell’info-autarchia.