Da Tucidide a Manzoni, i virus tra scienza e letteratura

20 Dicembre 2020

 

Unire due mondi apparentemente lontani: l’arte, la letteratura in particolare, e la scienza, l’immunologia. “Il bello e il buono”, per dirla come gli antichi Greci. È l’ambizioso obiettivo con cui nasce questa iniziativa dei podcast di Repubblica: perché l’attuale frattura tra la cultura scientifica e umanistica – entrambe dimensioni fondamentali del nostro essere – non dovrebbe esistere. Gli occhi di tutti sono rivolti sulla messa a punto dei vaccini anti-Covid, per porre fine a un’emergenza senza precedenti. 

Ma senza una battaglia culturale di condivisione del sapere scientifico, che permetta a tutti di capire che cosa rappresentano l’immunologia e la vaccinologia per la salute dell’uomo, lo sforzo titanico della messa a punto di vaccini efficaci e sicuri in tempi record sarà destinato a fallire, perché non tutti ne coglieranno l’importanza. Troppo spesso diamo i vaccini per scontati, paradossalmente perché vittime del proprio successo. Grazie a essi, malattie che in passato hanno causato milioni di morti e di gravi disabilità sono diventate rare o sono state eliminate: vaiolo, difterite, poliomielite… Tanto che le abbiamo quasi dimenticate. 

Di qui l’importanza della letteratura come memoria storica. Ecco allora che Philip Roth in Nemesi ci ricorda come sarebbe un mondo senza vaccini, con l’immagine dell’ex presidente Usa Roosevelt costretto in carrozzella dall’età di 39 anni a causa della polio. I vaccini anti-polio proprio qualche mese fa hanno consentito di dichiarare l’Africa, il continente ancora più colpito, polio-free. Voltaire, invece, ci ricorda che non c’è nulla di nuovo nei no-vax: esistevano anche al tempo in cui il vaccino contro il vaiolo ha indiscutibilmente eliminato un flagello che solo in Europa, in una popolazione di 10 volte inferiore a quella attuale, ogni anno mieteva 600 mila vittime. I vaccini si basano sul meccanismo della memoria immunologica, e sono nati grazie alla conoscenza del sistema immunitario e dei suoi meccanismi di funzionamento. 

Così, per capire l’importanza del nostro naturale apparato di difesa sentiremo leggere due autori dell’antica Grecia e dell’impero romano. Nel mondo occidentale, la prima descrizione della memoria immunologica è stata fatta da uno storico del V secolo a. C., il greco Tucidide, nel suo racconto della disastrosa epidemia che colpì Atene all’inizio della guerra del Peloponneso (431-404 a.C.). È uno dei brani che sentiremo nei podcast, insieme a quello del poeta Lucano che descrive l’immunità nei confronti dei veleni dei serpenti. Perché il nostro sistema immunitario è talmente sofisticato da reagire in modo diverso a seconda del pericolo che deve affrontare. Oggi, in un contesto di vita non più selvaggio e senza farmaci, a volte reagisce con armi sproporzionate, contro se stesso forse perché incontra meno nemici. 

La letteratura ci parla anche degli enormi progressi fatti nella cura del cancro. Il romanzo di Aleksandr Solenicyn, Divisione Cancro, attraverso il personaggio di Vèra Kornìl’evna Gangart che coniuga conoscenza scientifica e umanità, fa emergere il ruolo import antissimo delle donne nella ricerca scientifica e in medicina. E ci ricorda come, in questi ultimi anni, alle armi tradizionali descritte nel libro (radioterapia, chemioterapia e chirurgia) si siano affiancate con successo le terapie basate sul sistema immunitario, aprendo un orizzonte nuovo e ricco di sfide e promesse. In primis l’utilizzo dei vaccini, oltre che per la prevenzione – come già accade per Hpv ed epatite B contro cancro dell’utero e del fegato – anche per la terapia. 

Curioso pensare che uno dei primi vaccini contro Covid-19 è scaturito da una linea di ricerca che intreccia immunologia e immunoterapia del cancro. Infine, la letteratura ci ricorda i danni terribili che possono derivare dalla falsa scienza. Illuminante Don Ferrante ne I Promessi Sposi di Manzoni: certo che la peste non esista, non essendo “né sostanza né accidenti”, ne muore. Se pensiamo a Covid, in molti si sono comportati come Don Ferrante, ignorando i dati. Nel nostro Paese, la seconda ondata è stata in gran parte frutto delle notizie prive di fondamento scientifico diffuse nel periodo estivo, che hanno purtroppo portato a sottovalutare il pericolo con comportamenti non sempre responsabili. L’ignoranza scientifica produce “mostri”. 

Per questo la comunicazione dovrebbe sempre attenersi alle “3 R”: rispetto dei dati, rispetto delle competenze e responsabilità sociale. Se, da scienziato, dico che il virus si è indebolito, non posso stupirmi se i nostri ragazzi si sentono liberi di aggregarsi senza mascherina: in questo caso, vengo meno alla mia responsabilità sociale. Proprio come se, non considerando i dati e le competenze, affermo pubblicamente che Covid-19 è poco differente da un’influenza. Il non rispetto delle 3 R disorienta chi è in prima linea e danneggia i pazienti. 

La Repubblica, 2 dicembre 2020

*L’immunologo Alberto Mantovani è presidente della Fondazione Humanitas per la ricerca.

 

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Leggi anche

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.

×