Quali sono i problemi dei 500 euro dati ai neodiciottenni?
È una misura ingiusta perché dà lo stesso contributo, a pioggia, sia al figlio di un multimiliardario che a quello di un operaio. Anacronistico se si considera che siamo in un Paese di forti disuguaglianze sociali.
C’è poi la questione legata al fatto che possano essere spesi tanto per i musei che per i concerti.
È assurdo pensare di mettere sullo stesso piano una visita agli Uffizi di Firenze con un film di Vanzina, un concerto di musica di De André con quello di un neomelodico napoletano. Poi c’ è il problema legato al tipo di mercato.
Cioè?
Questi 500 euro sono un sostegno a un mercato culturale che è libero e che come tale non si capisce perché debba godere di un aiuto di Stato. Esiste oltretutto uno stato, un sistema pubblico, che è a sua volta produttore di cultura e sul quale si potrebbe investire di più.
In che modo?
Con i soldi che hanno finanziato il bonus cultura si sarebbe potuta garantire l’entrata gratuita ai musei italiani pubblici e creare tra le persone e le opere d’arte lo stesso rapporto che in Gran Bretagna.
Quale?
Se in pausa pranzo vuoi entrare al museo e ammirare un Rembrandt per dieci minuti, puoi farlo. Franceschini ha preferito promuovere le domeniche gratis, ma le immagini della ressa che si crea ogni volta mostrano come diventi impossibile godere davvero delle opere. Sfido chiunque a chiedere a un turista uscito dalla Reggia di Caserta in una domenica gratuita cosa ricordi di ciò che ha visto.
Insomma, l’idea è poter andare al museo per guardare un quadro al giorno?
Esatto. E promuovere così un dialogo diretto anche con la singola opera: è possibile solo garantendo accesso gratuito. Ovviamente si tratta di scelte.
Per finanziare le domeniche gratuite, si è scelto di eliminare l’entrata gratuita per gli over 65, pensionati che ne avrebbero diritto dopo una vita di lavoro ma che, soprattutto, potrebbero accompagnare al museo i nipoti. Così è un duro colpo all’alleanza generazionale.
Non basta il bonus ad avvicinare i giovani alla cultura?
No. I musei devono essere il luogo dove i giovani possono trovare ciò che non trovano altrove, sul web, sui social o in tv. Devono essere luoghi vivi ma non nel senso di luoghi in cui organizzare sfilate di moda ed eventi mondani, bensì luoghi in cui addetti un po’ più grandi di loro (e non schiavizzati) siano in grado di parlare una lingua viva e di comunicare ragioni forti per cui amare l’arte. Quindi non lo specchio del narcisismo, bensì una finestra su un mondo che non si trova altrove.