L’articolo più originale della nostra Costituzione»: così il presidente Ciampi definì il nono dei principi fondamentali, il cui testo oggi leggiamo sugli striscioni portati in piazza dai precari della ricerca o dai cittadini che promuovono raccolte di fondi per difendere un monumento, contestano i tagli alla cultura o la privatizzazione del patrimonio culturale della loro città, difendono dal cemento un tratto di costa, o chiedono l’ abbattimento di un ecomostro.
Tra le macerie morali del fascismo e quelle materiali della guerra, i costituenti ebbero la straordinaria lungimiranza di associare la parola “nazione” alla conoscenza (sviluppo della cultura e promozione della ricerca) e al territorio: ciò che ci aveva fatti italiani poteva anche riscattarci, e farci di nuovo grandi.
È un progetto carico di futuro: dichiarando che siamo italiani per via di cultura e grazie al nostro vitale rapporto con il territorio, la Costituzione ci costruisce come nazione aperta e pone le basi per lo ius soli.
E poi l’intuizione geniale: fondare la Repubblica sull’ ambiente. I costituenti scrivono «paesaggio e patrimonio storico e artistico», intendendo la forma dell’ Italia, in cui sono indivisibili arte e natura: ma la Corte Costituzionale ha poi spiegato che dobbiamo leggere lì il concetto di “ambiente” (oggi diremmo la biosfera), il più essenziale dei beni comuni, la condizione stessa della nostra salute fisica e mentale, della possibilità di una esistenza sostenibile e di una democrazia sostanziale.
Repubblica, 20 Dicembre 2017