Tra le pochissime stelle polari capaci di orientare i cittadini in occasione delle elezioni di marzo brilla, luminosa, quella della Costituzione promulgata settanta anni fa e ancora assai più giovane e vitale di qualunque forza politica oggi all’orizzonte. È questo il sentimento di quella cospicua parte del ‘popolo del 4 dicembre’ che oggi si chiede se andare a votare alle politiche, e – se sì – a chi dare il proprio voto.
Cittadini che, prima ancora, si domandano se nella prossima legislatura, breve o lunga che sia, dovranno trovarsi di nuovo a difendere la Costituzione.
Fantapolitica? All’ultima Leopolda Matteo Renzi ha parlato del referendum in questi termini: “Abbiamo perso quella sfida, ma la rifarei domani mattina perché era giusta”. E solo ieri l’astro nascente di Carlo Calenda ha sentenziato sulla necessità di affidare ad una Assemblea Costituente (!) il compito di fare ciò che Boschi e Renzi non sono riusciti a portare a compimento.
Un’iperbole, un modo di dire: o qualcosa di più? Sappiamo bene che l’ idea di cambiare la Costituzione in senso ‘esecutivista’ e tendenzialmente autoritario è vecchia quanto la Costituzione stessa. E se nel prossimo Parlamento non riuscirà a formarsi una maggioranza, si creeranno le condizioni ideali per chi vorrà riprovare ad inalberare la bandiera equivoca della ‘governabilità’, additando nel parlamentarismo della Costituzione la causa di tutti i mali. Se aggiungiamo a questo dato di lunga durata l’intramontabile funzione delle riforme costituzionali come arma di distrazione di massa (utilissima a distogliere l’attenzione collettiva da povertà, disoccupazione, erosione dei diritti, corruzione politica) non si può escludere che un nuovo Nazareno nasca proprio su un nuovo accordo per l’ennesimo stravolgimento della Carta. Cosa possono fare, oggi, quei cittadini del No, per provare a scongiurare una simile eventualità? E cosa possono fare le associazioni come Libertà e Giustizia, che non intendono dare indicazioni di voto, ma vogliono almeno provare a costruire una bussola che serva ad orientarsi?
Possiamo e dobbiamo chiedere ora a tutti i partiti un solenne ed esplicito impegno a non cambiare la Costituzione, nella prossima legislatura. Mi pare già di sentire i motteggi sulla intangibilità della ‘Costituzione più bella del mondo’ (un epiteto stucchevole, coniato da chi, all’ ultimo momento, saltò sul carro del Sì). Ebbene, non è così: nessuno pensa che la Costituzione sia immutabile, e una grandissima parte di coloro che (da sinistra) hanno votato No, concorda, per esempio, sull’urgenza di togliere dall’articolo 81 l’aberrazione del pareggio di bilancio imposto dal governo Monti e votato dal Pd di Bersani (2012).
Ma anche una de-riforma urgente come questa (senza la quale non solo la prima parte, ma anche gli stessi principi fondamentali della Carta, diventano solo una enunciazione poetica) non potrà avvenire nella prossima legislatura: per la stessa ragione per cui si deve chiedere un impegno preventivo a non mettere le mani sul testo costituzionale. Quella ragione è che il prossimo Parlamento sarà eletto con una legge incostituzionale.
Naturalmente, dovrà essere la Corte Costituzionale a dire se il fatto che il Rosatellum renda i voti non liberi e non eguali basti o no a renderlo formalmente incostituzionale. Tuttavia, molti insigni costituzionalisti si sono già pronunciati in questo senso (tra loro Gustavo Zagrebelsky, su questo giornale): e l’immoralità e la truffaldinità di questa legge elettorale sono incontestabili. Il fatto che l’attuale Parlamento, illegittimo, abbia approvato una riforma costituzionale è stato definito, dallo stesso Zagrebelsky, un “furto di democrazia”. Ecco, noi chiediamo ai futuri parlamentari di impegnarsi a tenere giù le mani dalla democrazia.
Certo, se anche la Corte dichiarerà il Rosatellum incostituzionale, lo farà scrivendo che il principio di continuità dello Stato impone che il Parlamento illegittimamente eletto rimanga in carica: e “qui soltanto – scriveva Carlo Levi nell’ Orologio, 1947-49 – poteva saltare fuori la bella teoria della continuità dello Stato. Un continuità che vuol dire immobilità, o peggio ritorno indietro. Che vuol poi dire semplicemente poter restare sempre seduti sulla medesima seggiola”. Ecco, ai partiti che chiedono il nostro voto noi chiediamo, a nostra volta, questo impegno: l’impegno formale a ricordarsi della propria illegittima elezione attraverso una legge elettorale indegna, e dunque l’impegno – che è poi davvero il minimo – a non votare, e anzi a combattere, qualsiasi tentativo di cambiare la Costituzione.
Ci aspettiamo una risposta chiara, esplicita, pubblica: in primo luogo dal Movimento 5 Stelle e da Liberi e uguali, che hanno manifestato vigorosamente contro il Rosatellum. Ma anche i silenzi saranno assai utili: per capire chi votare, a marzo. Anzi: chi non votare.
Il Fatto Quotidiano, 28 dicembre 2017