Ratificata dal Governo la data in cui si dovrà tenere il referendum sulla revisione costituzionale – è superfluo ricordare che dal punto di vista sostanziale sono stati ”i sondaggisti” a stabilirla in virtù di un calcolo dei tempi necessari a spostare il maggior numero possibile di voti dalla parte del Sì – a questo punto non sarà più possibile sbagliare. Ogni errore potrebbe comportare uno spostamento degli equilibri, anche perché il margine tra le due posizioni si sta assottigliando, la campagna referendaria orchestrata dal presidente del Consiglio presenta in termini organizzativi delle cifre imponenti e, soprattutto, il numero dei votanti ancora indecisi è elevato e sarà determinante nel raggiungimento del risultato finale.
In questo scenario, per conseguire l’obiettivo primario che è quello di salvare la Carta Costituzionale da questa inconcepibile deformazione, non è più sufficiente confidare nel fatto che il dialogo ed una politica del ragionamento saranno sufficienti per convincere i cittadini a respingere il quesito referendario, ma sarà necessario -purtroppo- mettere da parte ogni forma di ‘galanteria istituzionale’. Pertanto il dibattito che si andrà a sviluppare nei prossimi due mesi dovrà essere affrontato con un piglio diverso e dovrà essere abbandonata quella non troppo celata convinzione, oggi esistente, di poter raggiungere senza particolari affanni la vittoria.
E’ forte la sensazione che la validità delle argomentazioni sostanziali contrarie alla riforma, abbiano alimentato inconsciamente nel fronte del No un senso di sicurezza che ha avuto come effetto quello di impostare, sotto il profilo comunicativo, una campagna referendaria basata su schemi desueti, che non sono in grado di contrastare l’aggressività verbale e gli slogan governativi che diverranno, in un crescendo, sempre più invasivi.
Come risulta francamente improduttivo soffermarsi ancora nella valutazione e censura della strategia avversaria ed evidenziare la violazione sistematica delle regole del confronto e la costante disinformazione messa in atto dal Governo. Non resta che prenderne atto e sarà così fino al giorno del silenzio elettorale.
A questa situazione e contro chi ha come disegno quello di comprimere gli spazi democratici, bisognerà resistere con ancora più forza e determinazione. Rispetto a questo passaggio referendario si percepisce un rilevante interesse dei cittadini, che si sostanzia sia nel capire affondo quali saranno i cambiamenti della Carta Costituzionale, sia nel non assumere una posizione sostanzialmente di indifferenza rispetto ad un momento politico-istituzionale di fondamentale importanza. Ma, al contempo, è altrettanto immediata e netta la percezione dell’esistenza di un consistente nucleo di elettori assolutamente disorientato, che dovrà essere intercettato, prima che lo stesso venga adulato e convinto dalle promesse provenienti dagli abili comunicatori arruolati dal comitato per il Sì.
Ed è proprio a tal fine che sarà necessario ricalibrare le modalità di comunicazione e sfruttare sia quei pochi spazi che verranno concessi dai media, sia competenze e professionalità, individuando e selezionando all’interno dei vari comitati contrari alla riforma, autorevoli figure, siano essi accademici, giornalisti, professionisti, che non solo siano in grado di rappresentare o, meglio, sintetizzare in termini chiari le ragioni di merito per le quali la revisione costituzionale è destinata a non portare quei miglioramenti al sistema tanto sbandierati, ma che, soprattutto, siano dotati di grandi capacità comunicative, affinché nelle occasioni di confronto ad elevata visibilità mediatica (saranno numerosi nelle prossime settimane i dibattiti televisivi), si possa riuscire a contrastare in maniera efficace la facile demagogia, le menzogne e le camuffate e impercettibili inesattezze cui fanno continuamente ricorso gli agguerriti e ben indottrinati esponenti del Sì.
Il Circolo di Messina di Libertà e Giustizia in questa campagna referendaria ha assunto un ruolo attivo, organizzando un primo dibattito – tenutosi giovedì 15 settembre 2016 presso la saletta delle conferenze della libreria “La Feltrinelli di Messina – incentrato non solo sull’esposizione delle ragioni del No, ma che è stato aperto al confronto ed all’ascolto anche delle argomentazioni di chi si dichiara favorevole alla riforma, nella speranza che l’approccio al voto sia il più possibile ragionato e sia munito di quel necessario grado di consapevolezza.
L’incontro non è stato modulato secondo la forma della conversazione politica, ma è stato strutturato in una prospettiva di analisi più rigorosa e funzionalmente destinata a evidenziare i profili tecnici della riforma, che sono stati sapientemente esposti da due studiosi di Diritto Costituzionale, il professor Luigi D’Andrea, ordinario presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Messina e il professor Francesco Pallante, docente associato presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino.
Particolarmente interessante è stato l’intervento di D’Andrea, cui va il duplice plauso di aver accettato l’invito a confrontarsi su un tema che, nel suo progredire, sarebbe potuto divenire insidioso, anche in virtù della posizione di minoranza rivestita in seno al dibattito, e di aver espresso il proprio convincimento, favorevole alla revisione, sviluppando un ragionamento esclusivamente basato su ragioni teoriche e scientifiche.
Il costituzionalista dell’Università degli Studi di Messina, senza alcuna divagazione o inutili giri di parole, pur riconoscendo che le nuove disposizioni costituzionali dal punto di vista della loro formulazione appaiono deboli, ha affrontato e indicato nel merito i motivi per i quali il nuovo sistema, seppur con alcune correzioni, potrebbe essere “trapiantato” senza alcun rigetto all’interno della nostra Carta.
Alla voce di Luigi D’Andrea ha fatto da contraltare l’ intervento di Francesco Pallante il quale -attraverso la rappresentazione di argomentazioni particolarmente incisive e di difficile confutabilità che hanno riempito ampi spazi del dibattito – ha descritto quali saranno i possibili effetti negativi sul sistema che, con ogni probabilità, discenderanno dalla legge di revisione costituzionale laddove questa dovesse superare il vaglio referendario. Sono state, altresì, indicate le criticità presenti nella struttura della nuova legge elettorale dalla cui applicazione, secondo il docente torinese, deriverà una inevitabile compressione degli spazi di rappresentatività democratica.
Gran parte degli interessanti spunti offerti da Pallante durante l’incontro del 15 settembre, si possono ritrovare nel libro edito da Laterza, scritto dal costituzionalista dell’Università di Torino insieme a Gustavo Zagrebelsky, dal titolo “Loro diranno, Noi diciamo. Vademecum sulle riforme istituzionali”.
Siamo in presenza un saggio che costituisce un ottimo strumento di conoscenza e che conduce il lettore lungo un percorso analitico attraverso il quale è possibile conoscere appieno le ragioni per opporsi a questa riforma. Al contempo, si contraddistingue per essere un testo accessibile anche ai non operatori del diritto ed i cui principali elementi caratterizzanti si individuano nel rigore delle argomentazioni, con cui gli autori efficacemente rappresentano le ragioni del No, censurando in maniera decisamente tranciante le motivazioni addotte dal legislatore a sostegno della revisione.
Questo rigore nell’argomentare non si rinviene solo nella prima parte contenente la critica della ratio politico-istituzionale che ha guidato il legislatore, ma si ritrova anche nei successivi passaggi, ove in maniera puntuale, tramite precisi riferimenti alle norme presenti nei regolamenti parlamentari, gli autori denunciano le violazioni procedurali e le forzature compiute durante l’iter parlamentare di formazione della legge costituzionale.
Inoltre, nel nucleo centrale del saggio si trova una accurata valutazione delle nuove disposizioni costituzionali, accompagnata da una particolareggiata spiegazione del perché gli obiettivi perseguiti dai riformatori – individuati in una maggiore efficienza e velocità del procedimento legislativo associate ad una presunta riduzione dei costi di gestione – con queste modifiche e con questo nuovo sistema, in concreto, non saranno raggiungibili.
La completezza e la validità di questo scritto, tuttavia, non sono date solo dalla critica ragionata al nuovo progetto di costituzione, ma derivano anche dalla capacità propositiva degli autori, la cui posizione è di chiusura solo rispetto alla riforma sostenuta dall’attuale governo, ma non a una futura revisione della Carta, che dovrà essere necessariamente il frutto di una reale concertazione e condivisione tra tutte le forze politiche sia nel metodo che nelle finalità.
In tal senso risulta di assoluto interesse il capitolo in cui il professor Zagrebelsky evidenzia al ministro per le Riforme Costituzionali e per i Rapporti con il Parlamento, i possibili correttivi che sarebbe necessario apportare, proponendo un modello costituzionale alternativo che, nell’ottica di un superamento del bicameralismo perfetto, possa risolvere “i problemi di convivenza delle due Camere”.
(*) Fabio Nucita è un giovane avvocato, iscritto al Circolo LeG di Messina