Le elezioni amministrative di domenica scorsa hanno avuto un significato politico che va ben oltre il risultato nei singoli comuni. E questo, a mio avviso, anche prescindendo dal risultato finale, che verrà dai ballottaggi. Un significato che porta con sé anche alcune valutazioni sullo stile della politica di Matteo Renzi, su come ha fatto politica in questi anni e come la farà nel tempo a venire.
Molti si sono impegnati a descrivere il presente del partito democratico, come appare oggi, completamente in balia del ceto politico renziano: un partito senz’anima, ci dicono alcuni, e oramai assai distante da ogni riferimento a sinistra, lontano dai cittadini più bisognosi e sensibile, invece, alle richieste di chi vive i centri storici delle città. Un partito ancora teso ad allargare a destra i suoi attuali alleati di governo.
A questo partito, si diceva fino alla vigilia delle elezioni, non c’è alternativa. Oggi la storia è un’altra. Non c’è almeno per ora un’alternativa che parta da pezzi di partiti della vecchia sinistra, e nemmeno, io credo, dalla minoranza del Pd che è rimasta nel partito e ogni tanto emette sospiri per dar prova di una inesistente vitalità. Ma sarebbe un errore o una grave deformazione interpretativa se volessimo sostenere che in Italia non accade qualcosa di nuovo: forze e movimenti e singole personalità che si stanno formando proprio per smentire quella inevitabilità del renzismo a cui sembrava fossimo destinati.
In questo senso la storia è davvero inesorabile: nessuno è davvero e per sempre insostituibile. Facciamocene una ragione.
Un partito che ha perso l’anima, come farà a ritrovarla e a farci credere d’esser sincero? Come farà a convincere i suoi elettori che questa volta non sta facendo propaganda?
L’anima del Pd persa inseguendo il potere dell’uomo solo, usando uno stile che mal si sposa con questioni che riguardano lealtà, trasparenza, amore per la libertà, apertura verso i dissenzienti, rispetto del pluralismo e delle opinioni altrui…questo anche appartiene all’anima di un partito. Ed è su questi valori della dignità e della fiducia che crescono le radici. Ma quell’albero ora va seccandosi…
Alcuni commentatori (penso a Ezio Mauro, ad esempio) rifacendo la storia di Matteo Renzi, ci ripete oggi che tutto ciò che ha fatto, lo ha fatto all’insegna della legittimità. Mi permetto di obiettare che non ci fu nulla di veramente “legittimo” nelle primarie che vinse dopo quelle perse con Bersani, quando anche cittadini di destra decisero di presentarsi a votarlo.
E non ci fu nulla di autenticamente “legittimo” in quell’assalto a Palazzo Chigi preparato con l’inganno del presidente del consiglio Letta.
E non ci è stato nulla di veramente “legittimo” nel modo con cui è stato gestito il dibattito parlamentare sulla riforma Boschi, attraverso i famosi canguri, impedimenti al dibattito, sostituzione di parlamentari dissenzienti.
Così come non è “legittimo” cercare di vincere il referendum tenendo tutto un Paese in balia del ricatto: o così o l’abisso.
Questi e molti altri sono i passaggi nei quali si è persa l’anima del Pd. Essi sono stati accompagnati dalla crescente indifferenza nei confronti di valori fondamentali, come la lotta alla corruzione che non serve a nulla proclamare se non la si pratica a partire dalla scelta dei compagni di governo.
Alternative ci possono essere e ci saranno: basta cominciare a crederci.
7 giugno 2016