La lezione di libertà di mio padre

24 Maggio 2016

Penso che se, a distanza di 32 anni dalla morte, la figura di mio padre suscita ancora tanti consensi e una così diffusa emozione, significa una cosa sola: che la vitalità del suo ricordo e della sua opera resiste al trascorrere del tempo. Al punto che, chi prova imbarazzo per tanto persistente interesse, arriva a ricorrere a esercizi di censura non raffinatissimi. Come leggere altrimenti la singolare vicenda del provvedimento disciplinare promosso nei confronti di Massimo Franchi, giornalista dell’Unità, da parte della proprietà dello stesso quotidiano? La colpa che gli si imputa è un tweet di apprezzamento dell’azione politica di mio padre: «Propugnare che Berlinguer sbagliasse su Eurocomunismo e questione morale e che invece dovesse allearsi con Craxi è molto renziano». Il tweet inviato da Franchi, fuori dall’orario di lavoro, faceva riferimento al dibattito apertosi sull’Unità il 20 ottobre 2015 con un saggio di Biagio de Giovanni dal titolo «Berlinguer ha vinto o è stato sconfitto?».

Qualche giorno dopo, a commento di un altro intervento sul tema, Franchi twittava ancora: «Abbassando sempre più la soglia gramsciana dell’intransigenza si ritrovarono in compagnia di revisionisti, faccendieri, piduisti. Ma siamo di sinistra, rispondono».

Dopo di che, ha raccontato Il Fatto quotidiano del 13 maggio scorso, l’amministratore delegato della società editrice dell’Unità, Guido Stefanelli, ha aperto un procedimento disciplinare perché Franchi, con i suoi due tweet avrebbe travalicato «i limiti del legittimo diritto di critica», non rispettando «la linea editoriale» del quotidiano.

A prescindere dal fatto che formulare la linea editoriale di un giornale spetta al direttore e non certamente all’amministratore delegato, quanto successo evidenzia una questione: se per quasi un mese l’Unità discute quotidianamente del bilancio del ruolo storico e del senso attuale di Enrico Berlinguer, perché mai non dovrebbe essere legittimo valutarlo anche rispetto all’identità e alla politica del partito democratico? Se così non fosse, il titolo dell’Unità di domenica scorsa, «Berlinguer era per il monocameralismo», risulterebbe solo una forzatura strumentale.

Mi spiace sentirmi costretta a intervenire pubblicamente — ed è solo la seconda volta in oltre 30 anni — perché penso che i figli debbano riservare la loro memoria alla dimensione affettiva e privata del rapporto con il genitore. Ma, in questo caso, e proprio perché la storia politica di mio padre è tuttora argomento di discussione pubblica, ho visto nel provvedimento disciplinare contro Massimo Franchi un atto due volte negativo che mi ha indotto a scrivere queste righe. Innanzitutto perché quella misura condiziona e deforma un dibattito che deve essere il più libero possibile e che mai dovrebbe ricorrere a interdizioni e censure, tantomeno da parte di un giornale che continua a definirsi «fondato da Antonio Gramsci». E poi, perché quell’azione disciplinare richiama delicatissime e cruciali questioni di libertà, relativamente al diritto di qualsiasi lavoratore di avere proprie idee e di poterle pienamente esprimere, quando non danneggino la propria azienda. E solleva ancora il problema, non meno importante, della tutela di una propria sfera di autonoma espressione, quale quella rappresentata dalla comunicazione on line, dove l’eventuale volontà di ingerenza e controllo sfiora pericolosamente un limite costituzionalmente protetto.

il Corriere della Sera, 22 maggio 2016

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