Il 2016 sarà l’anno della ripresa per il mercato europeo dell’acciaio. Le previsioni degli esperti dicono che la produzione in Italia crescerà del 10,5%. Ma affinché questo avvenga, spiega Stefano Ferrari direttore di Siderweb, “è necessario che l’Ilva di Taranto torni almeno sui 6,5 milioni di tonnellate rispetto ai 4,5 milioni prodotti quest’anno”.
Si. Accade anche questo. Accade che il governo, Confindustria e una gran fetta d’imprenditori e stampa italiana possano ancora sposare la causa dell’Ilva e dell’importanza della produzione, dando per scontata l’immolazione di altre centinaia di morti e malati.
Accade che si affermi che a Taranto tutto è sotto controllo, mentre Peacelink ha appena presentato l’ennesimo importante dossier sui picchi di idrocarburi policiclici aromatici, pericolosi inquinanti, emessi in aria dallo stabilimento siderurgico e che, soprattutto durante i giorni di vento, investono drammaticamente la città.
Peacelink ha chiesto alle istituzioni di procedere con un’ordinanza di chiusura delle cockerie, nei giorni in cui il vento proviene da nord-nord ovest, quando cioè le sostanze cancerogene provenienti dal siderurgico (il 99 % degli Ipa proverrebbero dall’Ilva) si posano come un mantello nero su tutta la superficie della città. L’Associazione monitora la qualità dell’aria a Taranto da tempo, riuscendo a misurare il particolato sottile che sfugge ai controlli istituzionali e che, una volta entrato nei polmoni e nei tessuti umani, può generare malattie gravissime, soprattutto nei momenti di estrema concentrazione come è il caso dei giorni di vento, i “wind days”.
È quindi davvero tutto “sotto controllo” se addirittura la Asl ha nei giorni scorsi invitato il sindaco Stefàno a emanare una serie di raccomandazioni utili per minimizzare l’esposizione della popolazione ai terribili inquinanti?
Il Dipartimento di Prevenzione della Asl stessa ha stilato un documento dal titolo “Misure cautelative in occasione di possibili criticità dello stato di qualità dell’aria a Taranto”. Nel documento si legge che “i principali problemi di salute connessi all’inquinamento atmosferico sono legati soprattutto ai livelli di PM10 e ai relativi inquinanti cancerogeni adsorbiti, come il benzo(a)pirene, che sono strettamente correlati alle attività produttive dello stabilimento Ilva.”
Seguono poi i consigli pratici.
Quando il rischio di respirare PM10 è alto viene consigliato alla popolazione di non fare attività all’aria aperta e di aprire le finestre solo tra le ore 12 e le ore 18. Quando invece il rischio è molto alto o eccezionale “si consiglia di evitare attività̀ fisiche intense e prolungate all’aperto e di rimanere il più possibile in ambienti chiusi, in particolare per i soggetti a rischio.”
I consigli alla popolazione sono stati elaborati sulla base dei dati rilevati dall’Arpa attraverso la rete di centraline di monitoraggio della qualità dell’aria, nel periodo 2010- 2015.
Un coprifuoco, insomma. Che finalmente mette in chiaro che le istituzioni sanno e conoscono il pericolo, che la situazione di Taranto è molto grave e che inaccettabile è il ruolo del governo.
Il Ministro dell’Ambiente che, da Parigi, dove si tiene la conferenza sul clima “Cop21”, dichiara che questa settimana si faranno passi decisivi in favore dell’ambiente, sa dove è Taranto? Sa che Taranto è una città devastata dall’inquinamento e dalla vergognosa assenza delle istituzioni? Ha forse parlato di Taranto al Cop21?
Il Ministro della Sanità come fa a ignorare ancora il dramma che si svolge a poche centinaia di chilometri da Roma e dai palazzi del potere? In un altro paese, dopo la pubblicazione del documento della Asl, il Ministro si sarebbe dimesso. Senza ombra di dubbio.
Un genocidio operato col negazionismo.
Anni di avvelenamento consapevole di persone, ambiente, generazioni future, nell’omertà e nella negazione le più totali.
Perché è stata un’associazione ancora una volta a lanciare l’allarme? E perché mentre Arpa e Asl finalmente escono allo scoperto il governo sta cercando di vendere l’Ilva e per far questo, o per far credere di farlo, stanzia 300 milioni che non andranno di certo alla inesistente messa a norma ambientale?
Il nuovo decreto per l’Ilva, il nono della serie, prevedrebbe infatti un nuovo slittamento della data finale per i lavori di adeguamento ambientale e in più la possibilità,, per chi acquisterà lo stabilimento di cambiare il piano ambientale stesso, modificandone ulteriormente profili, date, scadenze, etc. rispetto all’attuale che non in ogni caso non è mai stato realizzato.
Il Sottosegretario De Vincenti parla di dare un futuro stabile, definitivo al siderurgico. Mentre il Ministro dell’Ambiente afferma che il posticipo del termine di realizzazione del piano ambientale dal 4 agosto al 31 dicembre 2016 è dovuto al fatto che l’aggiudicatario avrà “il diritto” di apportare modifiche al piano ambientale stesso. Quale diritto?
È quindi aperta la caccia all’investitore.
La situazione é disperata, le perdite sono in aumento e il governo, che sperava nel tesoretto dei Riva (gli 1,2 miliardi che non sono stati fatti tornare in Italia ma che resteranno in Svizzera fino alla fine del processo “Ambiente Svenduto”), non sa come pagare creditori e stipendi.
La nuova società (newco) che doveva essere costituita nella primavera scorsa con l’apporto d’investitori è rimasta sulla carta. Così si cerca di prendere tempo, di far credere di nuovo ai capitali stranieri, di tentare l’impossibile.
Bondi, Gnudi, i consulenti di Mckinsey, Guerra, una sfilza di commissari, sottocommissari, esperti e uomini di fiducia ma mai una dirigenza che fosse davvero esperta di acciaio e di ambiente. Una serie di manovre per prendere tempo, per non risolvere, tenendo in bilico il sacrosanto diritto dei Tarantini alla salute e alla vita, rischiando la pelle degli operai. E’ recente il luttuoso evento che ha interessato l’operaio Cosimo Martucci.
Il Consiglio dei Ministri, con l’ennesimo decreto, il nono, modifica ancora una volta le carte in tavola, arrogandosi il diritto di infliggere ancora malattia e morte.
Fantascienza. Lo stabilimento opera nell’illegalità totale, una sorta di regime in cui le leggi italiane ed europee non solo non sono rispettate ma vengono di continuo disinnescate e circuite dal governo stesso.
Nel frattempo la maledizione dell’Ilva sembra aver colpito ancora. Terzo stop per il processo “Ambiente svenduto”, già rinviato due volte, la prima per un’omessa notifica e l’altra per lo sciopero dei penalisti.
Quello che è accaduto ieri però è ben grave e fa tornare indietro l’intero processo all’udienza preliminare, a causa di un errore nel verbale del 23 luglio scorso quando all’udienza, assenti dieci avvocati, lì dove doveva essere indicato il legale in sostituzione, è stato lasciato un fatale rigo bianco. Un motivo talmente ridicolo ma capace di far crollare un intero procedimento.
Adesso dovrà essere un nuovo GUP a decidere se mandare a processo gli imputati o meno. Si dovrà stabilire di nuovo se le accuse di associazione a delinquere, disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni, contestate a componenti della famiglia Riva, a direttori e dirigenti dello stabilimento, a politici ed amministratori, saranno confermate o meno.
Sembra che il potere dello Stato, in tutte le sue manifestazioni, riesca ancora una volta a vincerla.
A questo punto, gli imputati potranno avvalersi della legge eco-reati approvata di recente, che rende non punibili i reati commessi con un’autorizzazione? Perché chi ha operato, lo ha fatto non “abusivamente” ma seguendo le norme, almeno sulla carta. Poiché l’Ilva produce inquinando, ma produce con una regolare autorizzazione ambientale.
Oppure si punta semplicemente alla prescrizione dei reati stessi?
MicroMega, 10 dicembre 2015