ROMA L’Italicun “corre” verso la Consulta, ma il Parlamento non “corre” affatto per garantire il plenum del giudice delle leggi. Tra i dati possibili basta citarne uno: da 507 giorni manca il primo dei tre giudici da sostituire. Domani, nella nuova votazione dalle 13 in poi, si rischia un’altra fumata nera. Sarebbe la 27esima. Ma la Corte resta la grande protagonista della vita politica. Basta citare le decisioni sul Porcellum, sulla legge Severino, sulla fecondazione, sulle pensioni. Come annuncia l’avvocato Felice Besostri, che ha scatenato la nuova “guerra” a colpi di ricorsi contro l’Italicum dopo aver vinto quella contro il Porcellum, «un tribunale civile, quello di Potenza, ha già fissato la data in cui sarà discusso il nostro ricorso. Sarà il 2 febbraio quando l’avvocato Felice Belisario, già capogruppo dell’Idv in Senato, presenterà i nostri 13 punti di incostituzionalità ». Già quel giorno, se il tribunale di Potenza dovesse riconoscere la fondatezza dei ricorsi, si potrebbe aprire la via per mandare l’Italicum alla Consulta.
Ma qualora non fosse Potenza a decidere potrebbe toccare a un’altra delle città in cui fioccano ricorsi e atti di citazione. Già una dozzina quelli depositati, che Besostri elenca: Milano, Torino, Trieste, Venezia, Bologna, Messina, Bari, Catanzaro, Potenza, mentre Roma è ormai prossima. «Una legge che continua ad avere delle lacune», come dice il guru di M5S Gianroberto Casaleggio. Ma che, se si andasse al ballottaggio, secondo il sondaggista Nando Pagnoncelli, farebbe vincere M5S rispetto al Pd. Chiosa Casaleggio: «Sulla legge non cambieremo idea perché vinciamo ».
Fatto sta che, proprio il ruolo che la Corte avrà sul futuro dell’Italicum e probabilmente anche della riforma costituzionale, complica di molto la scelta dei tre giudici che mancano all’appello. Il primo, in quota Forza Italia, dal 28 giugno 2014; il secondo dal 31 gennaio 2015, quando Mattarella ha lasciato la Corte per il Colle; il terzo dal 10 luglio. A Berlusconi sarebbero dovuti andare due giudici, ma l’attuale peso del partito ha spinto Renzi a darne uno a M5S che a ottobre 2014 aveva già votato la Pd Silvana Sciarra. Ma siamo lontanissimi da un’intesa. Lo confermava ieri il deputato grillino Danilo Toninelli che per M5S segue la questione. Oggi lo scriverà anche in un post sul blog di Grillo. «Noi votiamo i nostri tre candidati, Besostri, Modugno, Nicolai, indicati dalla rete. Non ci sono stati ufficialmente sottoposti altri nomi, sui quali avremmo comunque bisogno di 48 ore di tempo per sottoporli al giudizio della rete». Per M5S invotabile il nome più accreditato per Forza Italia, quello del deputato ed avvocato Francesco Paolo Sisto. «Tra i nostri criteri c’è quello che alla Corte non debba andare un politico». Quindi Sisto non avrà il 130 voti di M5S, molto preziosi ovviamente.
Il Pd non ha ufficializzato il suo nome. Corre quello del costituzionalista Augusto Barbera, ma oggi i capigruppo Luigi Zanda ed Ettore Rosato ne parleranno con Renzi. Un incontro decisivo per le sorti della Corte.
Per la quale, in quota M5S, corre anche Besostri. Da cui però arriva una protesta: «Si fa sempre più insistente la voce che la mia precedente attività contro il Porcellum e quella attuale contro l’Italicum siano di ostacolo alla mia elezione a giudice della Corte». Inevitabile chiedergli se gli «ostacoli » arrivano dal Pd: «Non credo, perché la difesa della Costituzione e una legge importante per il governo devono stare su due piani distinti. Però, siccome ritengo che la ricostituzione del plenum della Consulta sia assolutamente urgente perché c’è il rischio di non poter raggiungere il numero legale di 11 componenti per via di un’indisposizione, se qualcuno dovesse dirlo chiaramente, non ci penserei un minuto di più a ritirare la mia candidatura». Poi una battuta a buon intenditor: «Si ricordino i parlamentari che il Bundesrat tedesco ha impiegato di recente 34 secondi per eleggere un giudice…».
Repubblica, 17 novembre 2015