Corbyn e i suoi fratelli outsider vincenti anti-casta

03 Settembre 2015

Dove l’establishment fallisce, di fatto arriva l’outsider.

Ormai è quasi certo. Salvo sorprese, Jeremy Corbyn sarà il nuovo segretario del Partito laburista inglese. I sondaggi lo danno come superfavorito nella corsa delle primarie che si concludono il 12 settembre. Sarà incoronato capo del  maggiore partito di opposizione britannico e sarà il primo ministro del governo ombra, quella istituzione tipicamente inglese per cui il partito che non governa fa finta di governare, ma nell’ombra (da qui il buffo termine di Shadow Cabinet). Corbyn, 66 anni, di cui ben 32 sugli scranni di Westminster, rappresenta l’estrema sinistra del Labour: è socialista, anticapitalista, pacifista, anti-establishment, anti americano e anti Nato, antinucleare, anti Ue (ma solo perché la vorrebbe più sociale), pro Ira e talmente pro Palestina da essersi beccato un ’accusa (tutta da provare, per la verità) di antisemitismo.

Repubblicano fino al midollo, vorrebbe abolire la monarchia e sfrattare regina e famiglia reale da Buckingham Palace. Ha già dichiarato di voler seguire l’esempio di Syriza e di Podemos. Più Stato, più Welfare, più potere al popolo e ai sindacati. Pensare che alle ultime elezioni non volevano neppure ricandidarlo, perché dicevano che un vecchio arnese socialista come lui avrebbe fatto perdere voti. Non solo è stato rieletto, ma è stato uno dei deputati che ha aumentato di più il numero di voti. Alle primarie si è candidato solo per animare un po’il dibattito, ma non credeva neppure di superare le eliminatorie. Invece è il coniglio dal cilindro, è l’outsider per eccellenza. Perché piace alla gente? Perché è in testa ai sondaggi? I capoccioni del Labour non riescono a spiegarselo. E tantomeno l’arcinemico Tony Blair, che prima l’ha attaccato apertamente: “Se il cuore del partito è dalla parte di Corbyn, avete bisogno di un trapianto”. E poi ha continuato a punzecchiare (“Corbyn è come Alice nel Paese della Meraviglie”), ma sull’Observer della settimana scorsa ha posto la vera questione: “Cosa deve fare il Labour? Combatterlo o cooperare? Non lo so. Ma la risposta a questo interrogativo sarà la grande preoccupazione dei prossimi anni. Ammesso che il Labour sopravviva”.

Il fenomeno Corbyn è piuttosto incomprensibile, anche perché è idea diffusa che con lui alla guida il Partito  laburista sarà condannato a vent’anni di opposizione. I conservatori esultano e un simpatizzante di destra come Rupert Murdoch ha twittato felice: “David Cameron non meritava una tale fortuna”.

Quindi perché? E perché Donald Trump, un energumeno profondamente maschilista, politicamente scorretto e apertamente razzista vola nei sondaggi tra i Repubblicani americani? E perché nella corsa delle Presidenziali Usa, scende in campo anche il rapper nero Kanye West? E perché un personaggio improbabile alla guida di qualsiasi paese come Marie Le Pen, continua a salire nei sondaggi in Francia? E perché i movimenti, sia di destra (Ukip in Inghilterra) che di sinistra (Podemos in Spagna guidata da Pablo Iglesias e Syriza in Grecia) sono in crescita ovunque? E perché il M5S, che tutti davano per morto dopo le Europee, è vivo e vegeto e fa paura al Pd? Perché l’outsider?

La domanda è chiara, la risposta un po’ meno. La politica ufficiale ha fallito e non è più in grado di dare risposte. E dove l’establishment fallisce, di fatto arriva l’outsider. L’ultimo decennio è stato dominato dall’antipolitica. Questo è il vero tema dei prossimi anni. Anche se Renzi & Co. non l’hanno ancora capito e continuano a giocare con Twitter e le slide.

Il Fatto Quotidiano,  3 Settembre 2015

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