Roma. Maggio si chiude con un saldo occupazionale positivo pari a 178.176 contratti. Per la gran parte si tratta di contratti a tempo determinato – il saldo tra attivazioni e cessazioni è di 145.901 -, mentre il differenziale per i contratti a tempo indeterminato è positivo solo per 1.610 nuovi contratti, ai quali vanno aggiunte 29.934 trasformazioni, portando così a 31.544 il numero complessivo di contratti stabili. Segno positivo anche per l’apprendistato (+6.496 contratti) e per altre tipologie come i contratti inserimento o il lavoro intermittente (+3.390), mentre calano le collaborazioni (-9.155).
Sono questi i numeri che emergono dalla lettura dei dati delle comunicazioni obbligatorie pubblicate dal ministero del Lavoro, relative ai contratti stipulati per lavoro dipendente e parasubordinato, con esclusione della pubblica amministrazione e del lavoro domestico. Il dato complessivo è di 780.351 attivazioni di nuovi contratti, a fronte di 602.175 cessazioni, in confronto con maggio 2014 quando le attivazioni erano state 738.242 e le cessazioni 571.962, mentre le trasformazioni di rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato sono state 29.934 rispetto alle 20.535 dell’anno precedente (e le 35.883 di aprile).
Tra le attivazioni di nuovi rapporti di lavoro, predomina il tempo determinato che con 518.778 contratti pesa per il 66,5% sul totale (era 67,9% a maggio del 2014), segue il tempo indeterminato con 153.633 incidendo per il 19,7% (era 14,7%), le 33.280 collaborazioni per il 4,3% (erano il 6,4%), i 19.694 contratti d’apprendistato per il 2,5% (erano il 3,3%), i 54.966 altri contratti per il 7% (7,7%). Quanto alle 602.175 cessazioni, oltre la metà sono di contratti a tempo determinato, pari a 342.943 (57%), seguite dal tempo indeterminato che raggiungono il picco delle 152.023 – arrivando molto vicino al numero di attivazioni- dalle collaborazioni (42.435, pari al 7%) e apprendistato (13.198 pari al 2,2%).
Per Serena Sorrentino (Cgil) siamo in presenza di un «nuovo rallentamento dei contratti a tempo indeterminato, mentre cresce l’incidenza del contratto a termine sul totale delle attivazioni e aumentano le cessazioni», a dimostrazione che «il mercato del lavoro è tutt’altro che stabilizzato e risente dell’assenza di politiche di sostegno alla domanda», e che «incentivi e deregolazione non bastano». Diversa la lettura dei dati fatta da Gigi Petteni (Cisl): «Premesso che le regole non creano da sole posti di lavoro, comunque si tratta di buone regole, perché avere un contratto a tempo indeterminato meno costoso è vantaggioso per tutti – sostiene -. Lo strumento dunque resta valido, anche se a maggio gli effetti occupazionali sono più contenuti probabilmente per fattori congiunturali, legati alla stagionalità». Anche Guglielmo Loy: (Uil) sottolinea «il rallentamento significativo delle stabilizzazioni di contratti temporanei ed il calo della percentuale di lavoro stabile», invita a riflettere se «si stia attenuando l’effetto metadonico dello sgravio totale inserito con la legge di stabilità», preoccupato dal «rialzo delle cessazioni di contratti stabili».
Il Sole, 25 giugno 2015
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