Dal quadro politico disegnato dal voto di domenica, al massiccio astensionismo. Fino al risultato delle liste di sinistra lì dove, specie in Liguria e Toscana, il percorso unitario c’è. Sandra Bonsanti, giornalista e presidente onoraria di Libertà e Giustizia, dà la sua chiave di lettura di quanto emerso dalle urne.
Con tutte le peculiarità delle elezioni locali, che bilancio si sente di dare? Come è andata?
“Ha perso il governo. Chi è andato a votare lo ha fatto per dare un segnale critico, in particolare al presidente del consiglio. Del resto è stato lui ad avviare il giochino del risultato calcistico, quando nessuno se la sentiva di dire che le elezioni in sette regioni su venti erano un test per l’intero paese. Nessuno poi aveva capito bene, vista l’astensione, quanto gli italiani fossero stufi di questo tipo di politica. Ce ne accorgevamo più noi nell’associazionismo. Nel territorio, dove la crisi c’è e si tocca con mano. In tanti mi hanno detto: ‘sono tutti uguali’. Il risultato si tocca con mano”.
Per giustificare l’astensionismo record c’è chi ha guardato al ponte estivo; chi ritiene che le politiche locali e anche nazionali siano eterodirette da Bruxelles e Francoforte, e quindi sia inutile; e chi pensa a una disaffezione pura e semplice verso la politica.
“Io ho notato una grande sfiducia in una politica che non ha saputo governare con onore, come chiede la Costituzione. Siamo reduci da molti anni di esperienze corruttive a tutti i livelli: locali, regionali, nazionali. Ovunque, non solo nella politica. Allora come fai a dire ‘andate a votare’, anche se non auguro a nessuno di non avere il voto? Con Libertà a Giustizia andiamo nelle scuole a spiegare la Carta, e vediamo che i ragazzi la conoscono poco. Non sanno che il voto è una conquista pagata cara. Per tanti è solo un appuntamento che si può saltare”.
Sia in Toscana che in Umbria e nelle Marche, complici leggi elettorali tagliate su misura, il Pd governerà da solo. Era quello che voleva?
“Io ricordo che fino a vent’anni fa le elezioni erano un confronto di idee e di programmi. Oggi dal ‘cerchio magico’ l’unico messaggio che esce è quello di non disturbare il manovratore. In Toscana ho sentito dire e ripetere, da dirigenti, che Tommaso Fattori si era presentato per mettere i bastoni fra le ruote al Pd. Idem in Liguria con Pastorino. Inconcepibile. Invece di accusare, farebbero bene a capire cosa è successo davvero domenica”.
Matteo Renzi ribatte che, nel giro di due anni, su dodici regioni al voto il Pd ne ha conquistate dieci.
“Perché il Pd ha dei problemi come partito, ma gli altri partiti non esistono. Ad esempio c’è un centrodestra che ancora non è uscito dal disorientamento legato al tramonto di Berlusconi. Così per molti l’unico voto utile è diventato quello al Pd. Anche se quello dell’utilità del voto è un concetto triste”.
Che fa il paio con quello delle leggi elettorali tagliate su misura.
“E’ inutile cercare di ridurre la politica italiana in due schieramenti, ce sono almeno tre se non di più. Non si può costringere il paese ad essere bipolare. Invece con l’italicum una forza politica minoranza nel paese potrà avere il 54% dei seggi nell’unica camera eletta. Mentre nell’altra, per la quale non potremo votare, finiranno i consiglieri regionali eletti domenica. Compreso Vincenzo De Luca, che avrà l’immunità parlamentare”.
Ora la sinistra, che in Toscana prende il 6,3% sia di presidente che soprattutto di lista. Buon punto di partenza o risultato sotto le aspettative?
“Fattori è stato bravo visto il poco tempo, la difficoltà di apparire sui media, e vista la popolarità di Enrico Rossi. Che è un appassionato della politica, e ha fatto anche cose buone. E’ un bene che ci siano due voci importanti di sinistra nel nuovo consiglio (Tommaso Fattori e il pediatra Paolo Sarti, ndr). E, per il domani, che tutti si rendano conto della necessità di fare un passo indietro per farne due avanti”.
Il Manifesto, 3 giugno 2015