CITTÀ DEL VATICANO – Un summit con inviti mirati, nel cuore di Roma, per discutere sui temi più sensibili del prossimo Sinodo sulla famiglia, compresa quale pastorale adottare verso le coppie omosessuali e i divorziati risposati.
Un incontro programmato da tempo e a cui sono stati invitati esponenti di primo piano della Chiesa tedesca, francese e svizzera, e che cade significativamente oggi, quarant’otto ore dopo quel sì alle nozze gay dell’Irlanda che ha aperto in tutto il mondo cattolico una riflessione che non può essere scontata: «Ci dobbiamo fermare, guardare ai fatti e metterci in ascolto dei giovani. Non si può negare l’evidenza », ha dichiarato l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, alla televisione nazionale irlandese.
Del resto, anche Papa Francesco l’ha detto a chiare lettere: il Sinodo non è un Parlamento nel quale fazioni diverse si contrappongono. Piuttosto, è un’assemblea che su tutti i temi inerenti la famiglia, compresi quelli mediaticamente più scottanti, deve confrontarsi liberamente e all’insegna di uno stile veramente sinodale.
Di qui il summit di Roma, che sotto la guida del cardinale Reinhard Marx, membro del C9 (il Consiglio ristretto di cardinali che coadiuva il Papa), e presidente della Conferenza episcopale tedesca, accoglie fra i circa cinquanta invitati anche teologi dalle posizioni coraggiose: il gesuita francese Thomasset Alain che spiega come la «coscienza cristiana» abbia il diritto di entrare in un «dissenso responsabile » con il magistero ufficiale; la teologa tedesca Eva-Maria Faber, rettore della Facoltà teologica cattolica di Coira, critica circa la nozione di «indissolubilità» matrimoniale; il teologo tedesco Eberhard Schockenhoff che chiede un approccio più positivo della Chiesa verso gli omosessuali.
Francesco dallo scorso dicembre sta dedicando le udienze generali del mercoledì ai temi del Sinodo. La sua agenda è lontana da quella dei media. Egli parla dell’educazione dei figli, il valore dei padri, il ruolo delle madri, la preziosità dei nonni. In altre parti, invece, esponenti del clero e delle gerarchie si confrontano spesso in modo differente. Dopo una lettera firmata a marzo da 500 preti inglesi e pubblicata sul settimanale Catholic Herald per esprimere l’auspicio di un Sinodo che produca «una proclamazione chiara e ferma» a sostegno della dottrina della Chiesa sul matrimonio, pochi giorni fa sono stati altrettanti sacerdoti statunitensi a chiedere alla Santa Sede di avere, al contrario, un atteggiamento più moderno e meno rigido verso gli omosessuali e i divorziati risposati.
In generale, è nella Chiesa mitteleuropea che le spinte per cambiamenti significativi sono più insistenti. Ad esempio, nella risposta ufficiale della Chiesa tedesca al questionario preparatorio diffuso da Roma in vista del Sinodo, vescovi e popolo di Dio chiedono la comunione per i divorziati risposati, che si riconosca la bontà dei rapporti omosessuali e delle unioni tra persone dello stesso sesso.
Mentre nella medesima risposta inviata a Roma dalla Chiesa svizzera si chiede più flessibilità sul tema dell’eucaristia ai divorziati risposati e, in riferimento alle coppie omosessuali, anche se la maggioranza rifiuta l’equiparazione delle unioni tra persone dello stesso sesso al matrimonio, molti si dicono favorevoli a concedere una benedizione a queste coppie, perché possano avere un loro spazio nella Chiesa.
Al di là delle soluzioni che il Papa adotterà il prossimo ottobre, la strada dell’accoglienza verso tutti è già segnata. Ancora ieri, non a caso, dopo la recita del Regina Coeli, il Papa ha ricordato che «a nessuno la madre Chiesa chiude la porta in faccia. A nessuno, neppure al più peccatore. Spalanca la porta a tutti perché è madre».
il Fatto Quotidiano, 25 Maggio 2015