Roma. Francesco Boccia pensa che sull’ Italicum serva discutere ancora. Mercoledì, nell’assemblea del gruppo pd, il presidente della commissione Bilancio della Camera spiegherà il senso delle modifiche che ritiene necessarie per la legge elettorale. Ma sull’ipotesi di un voto di fiducia dice: «Non voglio credere che il mio partito ricorra a una cosa che ci porta a tempi bui della storia. Discutiamo un giorno in più ed evitiamo strappi che non servono a nessuno.».
La minoranza Pd chiede modifiche all’ Italicum, il governo è irremovibile. Teme che si arrivi a uno strappo irrevocabile?
«Le modifiche che si chiedono hanno un unico comune denominatore: fare una legge elettorale per i prossimi cinquant’anni, non per i prossimi cinque. Ci sono due temi sostanziali: il primo è come si seleziona la classe dirigente. Per dieci anni ci siamo battuti come leoni contro il Porcellum perché concentrava il potere nelle mani di pochi. Ora bisogna chiedersi: chi sceglie gli eletti nelle istituzioni? La mia risposta è: dev’essere il popolo italiano. Purtroppo il combinato disposto legge elettorale-nuovo Senato ci consegna 100 senatori nominati dai vertici dei partiti (i 100 consiglieri regionali) e su 630 deputati – 240 eletti con le preferenze e quasi 400 nominati. È opportuno lasciare tutta la selezione nelle mani di quattro persone? Il problema non è la sfiducia verso il nostro segretario, tutt’altro. Ma se in futuro viene fuori un personaggio sul modello di Le Pen padre, e vince al ballottaggio la campagna elettorale, possiamo star tranquilli che questo modello abbia i contrappesi giusti?».
La soluzione è una quota maggiore di preferenze?
«Il mio modello ideale è il sistema francese con i collegi, ma mi rendo conto che arrivammo all’ Italicum per l’accordo con una parte delle forze politiche che allora erano in maggioranza. Ora dobbiamo chiederci se rispettando i tempi possiamo trovare delle soluzioni. Nel Piano nazionale riforme contenuto nel Def mi risulta che Renzi abbia scritto che la legge elettorale va approvata entro luglio: diamoci quel termine, ma facciamo una modifica che non consenta a nessun uomo solo al comando di decidere la classe dirigente ».
Con il rischio di far saltare tutto?
«Ma no, ci sono mediazioni possibili: ad esempio, tornare al Senato elettivo. Poi c’è un secondo tema che merita un confronto ulteriore: che Paese siamo? Se non siamo davvero un Paese bipartitico, per la presenza di forze come il Movimento 5 Stelle, con l’ Italicum rischiamo di ritrovarci più frammentati di prima. Mi chiedo se non abbia più senso ispirarci al modello dei comuni e lasciare la possibilità a una coalizione di apparentarsi al secondo turno, tenendo fermo il premio di maggioranza ».
Se nulla cambia, lei come voterà?
«Io dirò queste cose al gruppo mercoledì e penso che quello sarà l’ultimo luogo dove fare una mediazione. Se ci sarà una maggioranza schiacciante contro la linea della minoranza, ne prenderò atto. Ma deve essere chiaro che le prove di forza non funzionano. Il Pd ha tante anime, anche nel Paese: una forza riformista nuova deve essere in grado di tenerle insieme».
Cosa pensa dell’ipotesi di un voto di fiducia?
«Penso che non sia opportuno. Se la storia ha un senso basta vedere quando queste scelte sono state fatte. Discutiamo un giorno in più, ma evitiamo strappi. Anche chi minaccia di non votare sbaglia, bisogna fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per trovare una soluzione rispettando i tempi».
la Repubblica, 11 aprile 2015