ROMA «D’Alema, ma anche Bersani, devono comprendere che abbiamo bisogno di discontinuità di cultura politica, di agenda e di classe dirigente». Stefano Fassina assesta un altro colpo nel parricidio in corso nella sinistra del Pd, dopo la riunione all’Acquario Romano di sabato.
Fassina, chi l’ha voluta l’assemblea delle sinistre dem finita nel tutti contro tutti? «L’abbiamo organizzata in tanti. Voleva rispondere a una domanda di unità a sinistra nel Pd. E abbiamo cominciato a dare una risposta». A parte l’anti-renzismo, eravate in disaccordo su tutto. È solo un’impressione?
«Non ci definiamo in contrapposizione con nessuno. Abbiamo differenze. Ma sull’insostenibilità del pacchetto delle riforme, la valutazione era condivisa. Faremo un coordinamento tra Camera e Senato di chi c’era allAcquario. E l’unità sarà sul territorio».
Nessuna associazione di rinascita della sinistra come proposto da D’Alema?
«Nessuna. Di associazioni c’e ne sono già tante, casomai vanno collegate».
Prende le distanze da D’Alema?
«Renzi è frutto degli errori di coloro che hanno avuto le maggiori responsabilità nel Pd, nel Pds, nei Ds e nei governi di centrosinistra. Matteo interpreta in modo estremo e abilissimo la subalternità al liberismo che, ad esempio sul lavoro, ha introdotto il D’Alema innamorato della Terza Via».
La parola d’ordine è liberarsi dalle vecchie glorie come D’Alema?
Anche di Bersani?
«Devono capire che abbiamo bisogno di discontinuità di cultura politica, di agenda, di classe dirigente».
Le sinistre dem vogliono rottamare i loro padri?
«Sarebbe ridicolo scimmiottare la rottamazione renziana, che è stata un’operazione coraggiosa ma gattopardesca con molti trasformismi. Il ricambio è necessario non per ragioni anagrafiche. Ma se la sinistra è arrivata a condizioni di marginalità, è perché è stata subalterna su questioni fondamentali».
D’Alema vuole la scissione?
«Non mi pare».
Lei vuole la scissione?
«Una scissione molecolare è in corso. Il Pd non coincide con il premier o la maggioranza dei gruppi parlamentari. C’è un Pd fuori dai Palazzi che non si rassegna allo spostamento verso gli interessi più forti».
Orfini vi invita a uscire dal recinto minoritario?
«Sono minoranza, non minoritario. La linea seguita da Renzi allontana il partito dagli interessi che dovrebbe rappresentare».
È vero, come dice Renzi, che lo considerate un usurpatore?
«No, il problema è il riposizionamento del Pd verso l’establishment. Noi siamo in sintonia con Papa Francesco per la dignità dei lavoratori».
la Repubblica, 23 marzo 2015