Lo scrittore israeliano David Grossman: “Iran minaccia il mondo, stavolta Netanyahu ha ragione”

05 Marzo 2015

Gerusalemme. È il David Grossman che non ti aspetti quello che, davanti una bevanda al limone, in qualche modo alla fine finisce per dare ragione al premier Benjamin Netanyahu. All’’avversario politico di sempre, quello che ha tramato oltre ogni limite per evitare che quest’’anno allo scrittore – simbolo di una generazione che alla pace non ha smesso di credere venisse conferito l’’Israel Prize, la più alta onorificenza di questo paese, che per molti autori ha rappresentato l’’anticamera del Nobel per la Letteratura. Netanyahu, dice con franchezza Grossman, «ha sbagliato nei toni e nei modi con l’Amministrazione americana, ma la sostanza della “trappola iraniana” resta». «È un pericolo vero che si sta espandendo nella regione e che presto potrebbe rappresentare non solo una minaccia per Israele, ma per l’intero mondo libero. Bisogna ascoltare Netanyahu», dice l’’autore di “Applausi a scena vuota”. Ma in ogni caso si augura che

 Gerusalemme. È il David Grossman che non ti aspetti quello che, davanti una bevanda al limone, in qualche modo alla fine finisce per dare ragione al premier Benjamin Netanyahu. All’’avversario politico di sempre, quello che ha tramato oltre ogni limite per evitare che quest’’anno allo scrittore – simbolo di una generazione che alla pace non ha smesso di credere venisse conferito l’’Israel Prize, la più alta onorificenza di questo paese, che per molti autori ha rappresentato l’’anticamera del Nobel per la Letteratura. Netanyahu, dice con franchezza Grossman, «ha sbagliato nei toni e nei modi con l’’Amministrazione americana, ma la sostanza della “trappola iraniana” resta». «È un pericolo vero che si sta espandendo nella regione e che presto potrebbe rappresentare non solo una minaccia per Israele, ma per l’’intero mondo libero. Bisogna ascoltare Netanyahu», dice l’’autore di “Applausi a scena vuota”. Ma in ogni caso si augura che il prossimo governo di Israele, quello che uscirà dal voto del 17 marzo, sia guidato da qualcun altro: «Spero davvero che Netanyahu non vinca le elezioni».
Alla fine Netanyahu ha avuto ragione nelle parole che ha usato a Washington…
«Le mie impressioni sul suo discorso sono da dividere in due parti: la prima riguarda senz’’altro il danno che ha provocato ai rapporti fra Israele e Stati Uniti, con i democratici e soprattutto con il presidente Obama. Di questo hanno già parlato in tanti e non credo di avere molto da aggiungere. Ma c’’è anche una seconda parte, che riguarda i punti in discussione che Netanyahu ha sollevato nel suo discorso, ritengo che siano importanti e debbano essere ascoltati. A questi punti gli Stati Uniti e il presidente Obama devono dare risposte pertinenti, a prescindere dai sentimenti che si possono provare nei suoi confronti. Purtroppo Netanyahu ha un grosso problema nel distinguere fra le cose principali e quelle secondarie: a causa della sua tendenza alle manipolazioni, a mescolare insieme la più alta diplomazia con la politica più meschina, si tende molto spesso a non ascoltare ciò che dice, anche quando dice cose giuste. E quello che ha detto a proposito dell’’Iran e del suo ruolo distruttivo in Medio Oriente non si può e non si deve ignorare ».
La percezione della minaccia iraniana è universale. Gli Usa stanno trattando ma i termini di un possibile accordo sono ancora vaghi, non crede?
«Penso che Netanyahu abbia individuato correttamente il modo maldestro e direi persino ingenuo con cui gli Stati Uniti conducono le trattative. Dimostrando un’’ingenuità addirittura delittuosa nel tentare di capire la complicazione medio-orientale: hanno fallito gravemente in Egitto, in Siria, in Iraq. Hanno fallito e continuano a fallire di fronte all’’Iran. Netanyahu ha ragione quando sostiene che dopo dieci anni in cui gli Usa hanno preteso di mettere alla prova l’’Iran, non esiste nessuna sanzione che impedisca a quel paese di diventare una potenza nucleare. E su questo in Israele non ci sono differenze fra destra e sinistra, non ci può essere tolleranza».
La sua sembra una condanna senza appello.
«L’’Iran è un paese che da mattina a sera proclama di aspirare ad annientare Israele, in cui ancora ieri il Parlamento si è levato in piedi per gridare “Morte ad Israele”, un paese che lentamente ma sicuramente si impadronisce di altri paesi del Medio Oriente, a partire da Libano per mezzo di Hezbollah, passando per la Siria e che ha rapporti persino con i sunniti di Hamas a Gaza, per non parlare poi dello Yemen. Sta cercando di allargare il suo ambito di influenza, alleandosi e sfruttando gli elementi più militanti e fondamentalisti di quei paesi. E quando un paese del genere sarà in possesso di armi atomiche, cambierà completamente anche il modo di comportarsi. Ciò deve preoccupare non solo Israele, non solo l’’Arabia Saudita o l’Egitto, che saranno costretti ad entrare in una corsa agli armamenti atomici, ma anche il mondo intero».
Le parole di Netanyahu cambieranno lo stato delle cose?
«Non lo so e nessuno può sapere quali influenze avrà quel discorso. Può darsi che non avrà alcuna influenza e può darsi che Netanyahu abbia fatto un errore tragico: per il modo manipolatore e conflittuale con cui ha agito, può darsi che abbia perduto l’’occasione di influenzare l’’andamento delle cose nella maniera in cui avrebbe potuto e dovuto. Devo tuttavia ripetere che le critiche che io ed altri abbiamo nei confronti di Netanyahu le abbiamo già espresse, e quello che ora è sul piatto della bilancia è molto più fatale dell’’errore che ha commesso e su questo io vorrei attirare l’’attenzione. È molto facile cadere nella trappola di interessarsi solo del “come”, senza prendere in considerazione i contenuti: credo che nessuno abbia il diritto di trascurare i contenuti. Se servirà a qualcosa non lo so, ma è un bene che queste cose siano state dette».
Pensa che sarà possibile migliorare i rapporti con gli Stati Uniti, anche se Netanyahu dovesse ancora guidare il nuovo governo?
«La mia impressione è che finché Netanyahu e Obama rimarranno ai loro posti, non sarà possibile ritornare ai vecchi rapporti. Ma Israele gli Stati Uniti hanno moltissimi interessi in comune. Hanno strutture molto simili e condividono, almeno dichiaratamente, molti valori. Per quanto, osservando ciò che accade in Israele negli ultimi anni, non posso affermare che i valori eccelsi di uguaglianza e libertà di cui ci facciamo vanto siano veramente applicati. Ciononostante, c’’è ancora molta simpatia per Israele negli Stati Uniti e Israele dipende ancora in modo totale dagli Stati Uniti».
La febbre elettorale cresce in Israele, per la prima volta da anni c’’è una alternativa credibile a sinistra al governo del Likud…
«Spero davvero molto che Netanyahu non vinca le elezioni e spero anche che colui che avrà la responsabilità dei rapporti con gli Stati Uniti sia una persona molto più moderata, pertinente ed equilibrata ».

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