«Non mi chieda valutazioni economiche e industriali» dice Raffaele La Capria, decano della nostra letteratura, grande scrittore e persona saggia.
D’accordo, le chiedo allora per quali motivi ha deciso di firmare l’appello.
«Mi sono sentito in dovere di farlo perché tanta potenza in una sola componente dell’editoria italiana diventerebbe prepotenza. Sarebbe opportuno evitare che uno dei giocatori sia troppo grosso, e quindi non più alla pari con gli altri. E sarebbe molto utile stabilire un equilibrio accettabile, ecco tutto».
Secondo lei una situazione come quella prefigurata dal «matrimonio» nuocerebbe al mercato o alla letteratura, o piuttosto a entrambi?
«Ci sarebbe uno scompenso che di certo nuocerebbe alla letteratura e agli autori. Dove una voce sola può dettare le sue condizioni, gli altri per necessità devono tacere. Quanto al terreno più strettamente imprenditoriale, non ho gli elementi per dare un giudizio. Saranno di certo considerazioni economiche a decidere, e lì ci sono misteri per me insondabili. Ma finirà così, come purtroppo avviene ormai e sempre più in tutta lEuropa».
Mi sembra che non creda troppo all’efficacia dell’appello.
«Gli appelli non sono efficaci. Si risolvono in un articolo di giornale. Ma è importante far sapere come la si pensa».
Poniamo che Mondadori e Rizzoli si uniscano davvero. Lei, alla luce di questa considerazioni, continuerebbe a pubblicare per Segrate?
«A 92 anni mi sento meno esposto al pericolo di pubblicare o non pubblicare. Certo, se l’impulso è forte, e non ci sono altre possibilità, si scrive e si stampa».
Da Mondadori?
«È il mio editore. Ho sottoscritto l’appello tenendo ben presente questa situazione».
Quindi, facendolo, si è rivolto anche al suo editore.
«Sì, e a nome di tutti».
La Stampa, 22 febbraio 2015
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