Parigi/Da Degas a Picasso, bellezze al bagno (di casa)

21 Feb 2015

 Quando Edgar Degas faceva posare in studio le sue modelle per ritrarle in varie posizioni, mentre entravano, si lavavano o uscivano da una vasca, pretendeva che si muovessero e si comportassero come quando erano sole nell’ ’intimità della loro abitazione, e cioè come se non ci fosse di fronte a loro il pittore che le scrutava fin nei minimi particolari. Un atteggiamento da voyeur un po’’ perverso (su cui anche Picasso aveva ironizzato nella sua ultima serie di incisioni) che però aveva una finalità artistica molto precisa: quella di riuscire a cogliere la bellezza essenziale dell’’intimità quotidiana di una donna qualunque non idealizzata – non una ninfa, una nobildonna o un’’odalisca- mentre prende cura dell’’igiene del suo corpo, sola con se stessa. Queste figure affascinanti e sensuali sono tra gli emblemi della conquista moderna della libera dignità individuale che passa anche attraverso il diritto alla privacy per tutti. I catini e le modeste bagnarole in metallo ci sembrano cose più che obsolete, ma sono stati ancora per molto tempo gli strumenti più diffusi per lavarsi, prima che le sale da bagno (oltre che i gabinetti privati) si diffondessero in larga scala. E sono relativamente moderni perché l’’ acqua per lavarsi in casa era cosa rara nei secoli passati, e i criteri della pulizia corporale e i rituali della toilette erano molti diversi. Alcuni magnifici quadri di Degas insieme ad altri (come un vibrante ed etereo nudo sognante che fluttua allungato in una vasca di Bonnard, una donna nuda che si pettina allo specchio di Manet, e un misterioso nudo di schiena sempre allo specchio di Eugène Lomont) sono i pezzi portanti della sezione dedicata alla «Toilette in tutti le sue forme moderne», all’interno del percorso storicamente articolato della mostra «La toilette. Naissance de l’intime».
L’’ esposizione, di cui è curatore anche lo storico Georges Vigarello, autore del ben noto saggio Il pulito e lo sporco. L’ ’igiene a partire dal Medio Evo, è un interessante ricognizione di questo tema intrigante all’ ’incrocio fra storia sociale dei costumi e storia iconografica dell’’ arte. Attraverso un centinaio di opere antiche e moderne (incisioni, arazzi, dipinti, sculture e fotografie) vengono visualizzati l’’evoluzione dei riti della pulizia, i comportamenti e gli spazi dedicati a queste pratiche. Si inizia all’’ alba del Rinascimento francese con un sontuoso arazzo (del 1500 circa) proveniente dal Museo di Cluny, un episodio della vita signorile che ci mostra una nobildonna nuda immersa in una vasca in mezzo a un giardino con attorno varie dame e paggi che offrono gioielli, fiori e che suonano strumenti. La scena è irreale nella sua perfezione: è un inno alla bellezza femminile, con valenze simboliche legate alla purezza e all’ ’augurio di fertilità. In un dipinto della scuola di Fontainbleau vediamo invece due gentildonne nell’’ acqua, ma con delle camicie, rituale che rimanda alla purificazione dopo il parto. E dunque il bagno non serve qui per lavarsi, è un elemento allegorico, oppure come in altre scene tipo quella di Susanna al bagno con i vecchi guardoni che la spiano (di Tintoretto) è un pretesto per illustrare maliziosamente, con un soggetto biblico, la virtú del pudore. Nel XVII secolo il bagno sparisce dalle rappresentazioni, anche perché la paura dell’’ acqua era dominante (che si credeva portatrice di «veleni» tra cui la peste), e le scene dipinte ci mostrano donne sedute davanti a specchi intente alla «toilette sèche», con delle telette bianche, con profumi e cosmetici. È il caso di La Vue (femme à sa toilette) di Abraham Bosse, e della giovane dama che si specchia di Nicolas Régnier, che è una allegoria della vanità. Di ben altro livello, nella sua incantevole semplicità, è il capolavoro di Georges de La Tour: la visione di un’umile donna seminuda, in camicia da notte, che alla luce tremolante di una candela, cerca di levarsi una pulce. Molto meno poetici sono invece certi dipinti piuttosto libertini del XVIII secolo come la Jeune femme à sa toilette di François Eisen, e il quartetto di ovali di François Boucher. I dipinti di Boucher, in due coppie, mostrano prima due signore elegantemente vestite una di faccia e l’’ altra di schiena, e poi le stesse in posizione analoga ma con le gonne alzate prima e dopo aver espletato i propri bisogni. Questi quadri venivano appesi dai signori nei loro «fumoir», quelli licenziosi nascosti da qualcosa (come sarà anche il caso del famoso Origine du monde, commissionato a Courbet da un diplomatico turco).
 La parte finale del percorso espositivo, dedicata alla contemporaneità, presenta vari dipinti e sculture di autori come Kupka, Léger, Picasso, Gonzalez, Jacquet (che si sbizzarriscono sul tema della donna alla toilette) e molte fotografie da quelle di Erwin Blumenfeld a quelle di Bettina Rheims. La mostra è tutta dedicata alle donne. Molti uscendo si sono chiesti: e gli uomini?

(La Stampa)

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