Perché la vittoria di Tsipras è importante?
In Grecia diventa presidente del Consiglio una persona di profilo molto interessante che guida un partito di sinistra dopo una crisi lunghissima. E dopo un intervento dissennato dell’Europa attraverso la Troika. Contrariamente a quanto sembrava non c’è stato il prevalere di una destra estrema nazionalista e tendenzialmente antidemocratica. Ma vince una sinistra di riformismo forte con elementi inediti molto interessanti.
Quali?
Non mette in discussione l’Europa, accetta l’euro ma punta a rinegoziare il patto costitutivo.
E quali saranno gli effetti?
Molto rilevanti perché Tsipras sfida i teorici e praticanti del rigore, ma ancor prima sfida il campo progressista. I progressisti si sono adeguati con piccoli e irrilevanti distinguo alla linea dell’austerità. D’altro canto hanno votato tutti compatti per Junker.
Anche lei?
No, devo dire di essere stato l’unico tra i socialisti ad aver votato contro Junker e la sua Commissione.
Syriza rappresenta quindi una nuova sinistra al posto della socialdemocrazia?
Sì, potrebbe esserlo. Si guardi a quel che accade in Spagna. Podemos non ha il peso elettorale che ha avuto Syriza domenica, però è il primo partito in Spagna. E il Pasok è entrato a stento in Parlamento. La novità è una nuova sinistra per un riformismo forte. Il pregio di Tsipras è stato mettere insieme orientamenti diversi e farli diventare un’area coesa.
Cosa devono fare, allora, le forze di sinistra?
Le forze progressiste non possono limitarsi a fare gli auguri a Tsipras, ma sono chiamate a dire se con Tsipras vogliono provare a scrivere una nuova politica. La sua proposta politica è diversa dai conservatori europei ma anche dai progressisti. O stanno con lui oppure no.
Syriza è un modello per l’Europa?
Ogni paese ha la sua conformazione. Tsipras dice che si può cambiare. È evidente che si può ripetere questo processo anche altrove. Non è scontato che quel che perde la vecchia socialdemocrazia vada a sinistra.
Le forze socialiste possono rigenerarsi oppure vanno sostituite?
Entrambe le cose.
E in Italia?
In Italia la tendenza del Pd è opposta a quella greca. Il Pd sta perdendo i suoi valori di riferimento ed è impegnato nell’ossessiva ricerca di voti e di rapporti stabili con il centrosinistra.
Non crede che Renzi possa raccogliere la sfida di Tsipras?
La questione non si pone nemmeno. Se il tentativo è quello di esportare le larghe intese nei territori siamo nella direzione opposta a quella di Tsipras.
Lei cosa propone?
C’è da scrivere una nuova storia. Con pazienza ma molta determinazione. La nuova storia deve avere come primo riferimento i valori e subito dopo le politiche.
E la forma organizzata?
Serve un partito radicato. Un partito leggero diventa evanescente.
Che tempi immagina?
Non ci saranno tempi brevi. Ma è importante che di questo si inizi a discutere. La cosa impressionante degli ultimi anni è che non ci sono state vere discussioni.
Un partito radicato. Non ha paura di essere additato come il “vecchio” contro il “nuovo”?
Ma per carità… È solo questione di tempo. Alla fine un nuovo partito, una forma di partecipazione, la chiederanno le persone. Il problema è il rapporto tra cittadini e istituzioni. In mezzo non c’è più nulla.
Vendola ha proposto un coordinamento delle sinistre. Ne farà parte?
Sono interessato e disponibile a lavorare con tutti quelli che hanno questo obiettivo: evitare che quel filo sottilissimo che rimane si interrompa.
Il professor Rodotà invita a ricominciare dal “sociale” senza affidarsi all’assemblaggio di gruppi dirigenti. Che ne pensa?
È un’idea del tutto condivisibile. Se il partito da costruire è presente nelle comunità dove si lavora, dove si vive, dove si studia sarà naturalmente chiamato a rappresentare i bisogni di quelle comunità.
Ci sarà una lista di sinistra alle Regionali in Liguria?
Non lo so, ci sono problemi ancora aperti. Credo che ci sia un grande spazio in Liguria per un’iniziativa di carattere civico. Un nuovo terreno di incontro tra culture e sensibilità diverse nel campo largo del civismo progressista.
Qual è la sua ipotesi per il Quirinale?
La discussione la più trasparente possibile, fatta in Parlamento per far convergere consensi. Il presidente della Repubblica deve avere forte capacità politica e altrettanto marcata capacità di rappresentanza istituzionale. La figura che ha questo profilo è Stefano Rodotà e con lui Romano Prodi.