Inizia in commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama la discussione generale sulla riforma costituzionale per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la revisione del titolo V della seconda parte della Costituzione e la soppressione del Cnel. Tra i 52 ddl depositati, quello del governo, con i “paletti” del premier Renzi: Senato non elettivo, niente fiducia e niente voto sul bilancio, nessuna indennità. E quello del senatore Pd Vannino Chiti, che ha presentato una proposta di riforma del Senato che prevede l’elezione diretta da parte dei cittadini.
Proprio Chiti replica a quanto affermato dal ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, in un’intervista a Repubblica. In cui Boschi ricorda come l’esponente Pd, ai tempi dell’Ulivo, pur favorevole a un Senato elettivo non fece un “caso di coscienza” della proposta di una camera bassa non elettiva, sul modello del Bundesrat tedesco, accolta tra le tesi della forza di centrosinistra guidata da Prodi. “Se non aveva dubbi allora – conclude il ministro su Repubblica -, non può averli oggi”. Per questo, Maria Elena Boschi chiede a Chiti di ritirare il suo testo per arrivare a una approvazione della riforma in prima lettura a Palazzo Madama entro il 25 maggio.
“Niente di nuovo sotto il sole: ringrazio il ministro Boschi di darmi atto di una coerenza di impostazione e quindi di non piegare le convinzioni sui cambiamenti alla Costituzione alle contingenze politiche del momento” premette Chiti. “Ritengo – aggiunge – che nella situazione italiana nel 2014, che non è il 1996 (i tempi dell’Ulivo, ndr) con la crisi di fiducia tra cittadini e istituzioni e il desiderio, a cui dare una risposta, di partecipazione diretta, la soluzione preferibile per la riforma del Parlamento sia una forte riduzione del numero dei deputati e dei senatori e un Senato eletto a suffragio universale. E’ così in altri Paesi che hanno superato il bicameralismo paritario, come noi dobbiamo urgentemente fare. Basti prendere l’esempio della Spagna”.
“In ogni caso – prosegue Chiti – confermo che se in Italia, come in Germania, si andasse verso un federalismo solidale, la soluzione rigorosa del Bundesrat, e cioè presenza dei soli governi regionali con voto unitario, sarebbe per me assolutamente accettabile. E’ evidente a tutti che la riforma del Senato proposta dal governo non ha niente a che vedere con il Bundesrat”.
“Naturalmente dovrebbe essere sul modello tedesco anche la legge elettorale per la Camera – rincara l’esponente Pd -. La Costituzione va vista nel suo insieme: esige equilibri tra le istituzioni e tra i poteri. Non si può avere per la Camera una legge ipermaggioritaria, come è l’Italicum, ricentralizzare molte competenze, come è nella proposta del governo del nuovo Titolo V, e indebolire le funzioni di garanzia oltre che di rappresentanza dei territori del Senato. Se le modifiche della Costituzione non hanno un raccordo unitario – conclude Chiti – non si realizza un aggiornamento coerente ma si rischia di impoverire la nostra democrazia”.