Non manca giorno che Renzi e il suo entourage non ribadiscano la centralità (ma si potrebbe anche dire l’esclusiva) che le riforme istituzionali hanno nel programma utile a far uscire il paese da una crisi che non è solo politica ma anche economica, sociale, culturale ed etica. Nel frattempo, la commissione europea ha quantificato in sessanta miliardi (il 4% del PIL) il costo della corruzione e critica senza eufemismi la nuova legge italiana che vorrebbe combatterla in quanto: “non modifica la disciplina della prescrizione, la legge sul falso in bilancio e l’autoriciclaggio e non introduce reati per il voto di scambio“. Condanna, inoltre, le reiterate leggi ad personam e la cronica inerzia sul fronte del conflitto d’interesse. Rimangono ancora irrisolti e, soprattutto, dimenticati l’iniquità di un sistema tributario che lascia ampi spazi all’evasione e fa gravare il 90% delle imposte dirette sui lavoratori dipendenti e sui pensionati, il dramma occupazionale che ormai, in modo diretto o indiretto, colpisce ogni famiglia, la progressiva deindustrializzazione del paese dove le manifatture che non falliscono delocalizzano e dove le eccellenze sono terreno di shopping per le multinazionali estere. Rimane irrisolta e tacitata la necessaria rifondazione etica della politica dove un condannato per frode fiscale s’impalca a padre costituente. Ma non dobbiamo disperare. Avremo, infatti, un nuovo Senato composto dai 108 sindaci delle città capoluoghi di province ormai inesistenti, dai 21 Presidenti di regione e da una ventina di illustri cittadini. Le competenze delineate sono ancora fumose ma poco importa, l’elemento qualificante del progetto è che sindaci e governatori non percepiranno alcuno stipendio. Democrazia a costo zero sarà il nuovo slogan politico. Rimane da capire chi, dove e quando ha riscritto la nostra Costituzione con tale competenza dottrinale.
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