Democrazia, Partiti e Partecipazione

03 Febbraio 2014

Grande partecipazione al dibattito su “Democrazia Partiti e Partecipazione, organizzato dal circolo lametino di Libertà e Giustizia. «I partiti costituiscono e continuano a costituire, sia pure con intensità e modalità diverse, l’asse portante della democrazia».

lameziaGrande partecipazione al dibattito su “Democrazia Partiti e Partecipazione, organizzato dal circolo lametino di Libertà e Giustizia
Gambino: «Partiti asse portante della democrazia»
Mete: «E’ in crisi il modello ideologico di massa»
«I partiti costituiscono e continuano a costituire, sia pure con intensità e modalità diverse, l’asse portante della democrazia». Così il docente di Diritto pubblico comparato dell’Unical, Silvio Gambino, chiarisce l’importanza del ruolo dei partiti affinché venga garantita la democrazia. L’esperto costituzionalista, intervistato dal giornalista Enrico De Grazia, è intervenuto insieme a Vittorio Mete, docente di Sociologia dei fenomeni politici all’Università Magna Graecia di Catanzaro, nel corso del dibattito “Democrazia, partiti, partecipazione”, organizzato dal circolo lametino di Libertà e Giustizia, a Palazzo Nicotera, che ha visto un’ampia partecipazione di cittadini e la presenza di molti giovani. L’iniziativa è nata dall’esigenza di aiutare a capire quale sia il cammino delineato per l’Italia dalla nostra classe dirigente, in questa importantissima fase di passaggio, che vede impegnata la politica con le proposte di riforma della legge elettorale, del titolo V della Costituzione e del bicameralismo perfetto. Ma anche un momento per capire se i partiti assolvono ai compiti assegnati loro dalla Costituzione, e se garantiscono il diritto dei cittadini a partecipare attivamente alla gestione della cosa pubblica. La democrazia nel nostro Paese vive una fase molto delicata, ha detto Aquila Villella, professore associato di diritto privato presso l’università Magna Grecia di Catanzaro e socia di LeG, introducendo il convegno, sia per la drammatica situazione economica in cui versa la maggior parte dei giovani e delle famiglie italiane, sia per la precarietà e l’insicurezza generale in cui, soprattutto in questo momento, versano la politica e i partiti. Partiti in grave crisi d’identità e di rappresentatività che secondo Gambino restano comunque strumenti imprescindibili: «Dopo di essi – ha spiegato il costituzionalista – non resta spazio di mediazione o rappresentanza altro che per i demagoghi e per le leadership populistiche e cesaristiche che portano a forme di presidenzialismo latino-americano non compatibili con l’appartenenza del Paese all’Unione Europea». Se così è, occorre però, sempre secondo Gambino, che i partiti siano capaci di superare l’idea di corporazione proprietaria, di casta, di classe dei professionisti della politica, e siano capaci di rinnovarsi profondamente proprio per evitare di diventare “liquidi” o semplici gruppi elettorali e di opinione. Occorre, altresì, ribadire che i cittadini realizzano la sovranità popolare e i loro diritti sovrani non esclusivamente attraverso la partecipazione alla vita dei partiti. «I partiti non sono in crisi. Ciò che è in crisi è il modello di partito che noi concepiamo, vale a dire quello ideologico di massa fotografato dalla Costituzione in quel determinato periodo storico. Da allora a oggi la società è cambiata e con essa sono cambiati anche i partiti». L’interessante analisi sulla salute della nostra democrazia e dei partiti di Vittorio Mete sembrava la risposta alle affermazioni di Gambino, ma non è affatto una contrapposizione in quanto Mete ha chiarito che i partiti per come li conosciamo, se sapranno rinnovarsi, non spariranno dallo scenario politico italiano. Non avranno più riferimenti ideologici forti per garantire la loro esistenza, non saranno più partiti di classe perché i confini tra le classi sociali sono ormai labili, ma saranno portatori di tutte le istanze della società. Si mettano, dunque, l’anima in pace tutti coloro che si augurano la loro morte, incluso lo stesso Beppe Grillo che annuncia l’imminente dipartita senza però rendersi conto che il suo Movimento 5 Stelle è esso stesso un partito. «Qui c’è l’equivoco semantico – spiega ancora Mete – Non bisogna farsi ingannare da come un partito decide di chiamarsi. Si può anche chiamare movimento ma la sostanza non cambia, nemmeno se non è strutturato o usa la rete». Infine, il dibattito non poteva non toccare il tema della riforma elettorale, di estrema attualità e di estrema importanza per il futuro dell’Italia. Si è riproposto l’antico problema del rapporto tra rappresentanza, delega e decisione. I nodi del premio di maggioranza e delle liste bloccate restano e sollevano forti perplessità prefigurando, più o meno, gli stessi rilievi di incostituzionalità già evidenziati da parte della Consulta. Per anni i partiti hanno predicato la necessità d’imboccare la strada delle preferenze, sulla scia del volere popolare, salvo poi fare dietro front . “Le preferenze favoriscono il voto di scambio”; questo il motivo che giustificherebbe le liste bloccate. Ma è davvero così o è l’ennesimo tentativo della classe politica nazionale di preservare se stessa, impedire il ricambio, continuare a governare con un esercito di nominati? «Sul tema delle preferenze – ha chiarito Mete – c’è il pericolo di creare false speranze. Non sono le regole che da sole possono risolvere i problemi della nostra classe politica. Quindi anche un sistema elettorale che preveda le preferenze non è detto che porti del bene». Anche Gambino ha invitato a non fare considerazioni affrettate sul giusto modello da seguire. La nuova legge elettorale non va nella direzione giusta e per il costituzionalista il modello da prendere a riferimento sarebbe quello tedesco. In sintesi, si può dire che sia un problema di sostanza più che di forma. Se la classe politica è inadeguata, lo sarà anche con un sistema elettorale diverso. E’ necessaria invece una riqualificazione della rappresentanza e dunque dei partiti politici, eticamente e costituzionalmente rinnovati, che garantiscano la democrazia nel loro interno. Sono necessari altresì l’ampliamento e la facilitazione degli strumenti di partecipazione diretta dei cittadini, nel Paese e negli enti locali. Tutti questi elementi possono costituire, unitamente al rinnovamento morale, le indispensabili forme innovative per far recuperare alla politica la sua funzione indispensabile per il bene comune e il vivere civile.

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