«Leggina» per Cambiare il Porcellum il Piano di Emergenza del Premier

14 Maggio 2013

Una rete di protezione, nel caso dovesse accadere «l’imponderabile». Una leggina di uno o due articoli per ritoccare il Porcellum e «stemperarne gli effetti distorsivi», a cominciare da un premio di maggioranza che molti costituzionalisti ritengono troppo generoso.
La riflessione di Enrico Letta sulle riforme parte da qui, dall’esigenza di «mettere in sicurezza» una nave che avanza in acque a dir poco agitate, mediando fra posizioni molto lontane fra loro e spuntando le unghie ai falchi antigovernativi. Se il Pd è ossessionato dalla necessità di non tornare mai più al voto con la legge elettorale in vigore, Berlusconi, stando ai sondaggi, sa bene che con il sistema attuale potrebbe riconquistare la maggioranza alla Camera. E così, nel chiuso del conclave di Spineto, è maturata la mediazione del premier.
Letta ha deciso di puntare sulla rivoluzione del sistema istituzionale e della forma di governo, lasciando in coda al processo la legge elettorale vera e propria. Ma poiché navigare a vista senza scialuppa di salvataggio sarebbe troppo rischioso, durante il summit toscano è saltata fuori la «leggina» di compromesso, che stemperi le asperità del Porcellum e plachi le ansie dei democratici. La suggestione di cambiare a spron battuto la legge elettorale aveva lasciato perplessi diversi ministri. «Sapete cosa succede se cominciamo dal sistema di voto? Che appena approviamo quello nuovo si torna alle urne…», ha avvisato un esponente del Pdl. E uno del Pd: «Non sarebbe solo Berlusconi ad approfittarne, ma anche Matteo Renzi».
Nelle stesse ore in cui Ilda Boccassini pronunciava la sua requisitoria contro il Cavaliere, a Spineto il governo sceglieva dunque la linea della cautela sulla legge elettorale, passata alla fine senza grandi scossoni. Letta ha affidato a Gaetano Quagliariello un «mandato pieno». Toccherà al ministro per le Riforme sentire i partiti e i gruppi parlamentari — anche di opposizione — e poi cercare la «quadra», sperando di adescare la Lega con le sirene del Senato federale. Ma prima il ministro vuole sondare i cittadini con una grande consultazione pubblica, anche via web. Un sondaggio, ha spiegato Quagliariello ai colleghi, che «sarà realizzato con una procedura codificata e su grandi numeri», avvalendosi del sostegno di università e fondazioni.
Se aveva accarezzato il ritorno al Mattarellum come il minore dei mali, anche il premier si è convinto che, in un quadro ormai «tripolare», quel sistema non è il migliore possibile. E soprattutto, non è quello che consente un punto di incontro con le altre forze che sostengono il governo. Per questo Letta e il ministro Dario Franceschini, braccio operativo del presidente del Consiglio in Parlamento, hanno convenuto che l’unica via in questa fase sia la «manutenzione» del Porcellum nel solco tracciato dalla sentenza della Corte costituzionale.
Ora per ottenere la maggioranza a Montecitorio basta un voto in più. Con la «leggina» che Letta ha in mente, invece, occorrerà conquistare il 35 per cento dei voti, o al massimo il 40, a seconda della soglia che i «saggi» individueranno come la più adeguata. La Commissione presieduta da Letta è ancora tutta da costruire, ma il premier e Quagliariello hanno trovato un accordo su alcuni punti fermi: i membri saranno venti e non verranno scelti fra i parlamentari.
Tra autocandidature e telefonate per sondare la disponibilità di professori ed ex politici, nei partiti è scattata la corsa alle poltrone. Fra i nomi più accreditati c’è quello di Luciano Violante, ex presidente della Camera scelto da Napolitano per sedere al tavolo dei dieci «facilitatori» che prepararono il terreno al governo Letta. Buone chance di far parte del nuovo organismo ha anche Stefano Ceccanti, già senatore del Pd, mentre al centro si parla di Vincenzo Lippolis, consigliere giuridico di Casini quando presiedeva Montecitorio. Il Pdl pensa di sponsorizzare i costituzionalisti Nicolò Zanon e Tommaso Edoardo Frosini, vicini alla rivista Magna Carta.
Il doppio binario immaginato dal governo non convince tutti, anche nel Pd c’è chi lo ritiene una soluzione «barocca», eppure a Spineto è sembrata l’unica in grado di far partire il treno delle riforme. La Convenzione — come la voleva Berlusconi e come non la voleva il Pd — ha lasciato il posto a un organismo tutto parlamentare, che servirà tra l’altro a mettere il governo al riparo dalle tensioni fra i partiti. Sarà composto dalle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato e presieduto da Francesco Paolo Sisto (Pdl) e Anna Finocchiaro (Pd), la quale ha pronto un disegno di legge per abrogare il Porcellum e ripristinare il Mattarellum.
Per tenere a battesimo la Convenzione servirà una legge costituzionale, quindi i tempi non saranno brevi. Anche per questo a Montecitorio ieri erano in diversi a dire che il vero obiettivo della trovata è «traccheggiare», così da prolungare la vita del governo. Della Convenzione faranno parte di diritto, tra gli altri, i senatori Berlusconi, Crimi, Gotor, Minniti, Chiti, Zanda e i deputati Bersani, Balduzzi, Bindi, Bressa, Rosato, Gelmini.

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