L’idea che, in un momento così basso della politica, le primarie possano essere un elemento di riavvicinamento fra il cosiddetto “Palazzo” ed i cittadini non è certo da sottovalutare ed il risultato di 3,5 milioni di votanti che è conseguito dallo scontro Bersani/ Renzi/ Vendola/ Puppato è un dato senza alcun dubbio positivo e incoraggiante.
Molto meno successo hanno avuto le primarie per la Regione Lombardia (poco propagandate e troppo schiacciate sulla “milanesità” del confronto) e, temo, lo possano avere ancora meno le prossime del 29 dicembre per la composizione delle liste elettorali.
Scontato che l’accelerazione della crisi di governo ha imposto oggettivamente tempi ristrettissimi, credo che quello a cui stiamo assistendo ( a Mantova come in moltissime altre città) ci aiuti a svolgere parecchie considerazioni ed ad evidenziare i grossi limiti che inevitabilmente si scontano.
Rispetto infatti alle primarie di coalizione che avevano un respiro generale, una politica nazionale, cioè un confronto di idee guida e di progetti in cui ogni cittadino consapevole può più o meno riconoscersi, mano a mano che le scelte si fanno più legate al territorio, e di conseguenza anche alle persone che vi hanno operato, diventa molto più difficile vedere il quadro nel suo insieme ed, evidenziandosi “i particolari”, diventa molto più difficile non scorgere gli sgorbi, il colore dato male, i contorni sbavati ed incerti.
Fuor di metafora la speranza di un progetto generale che può risultare plausibile ed accettabile nel suo complesso (almeno come massimo possibile compromesso in questo contesto socio economico drammatico del nostro Paese) cade di fronte alla “storia” dei partiti e dei personaggi locali che dovrebbero contribuire a realizzarlo.
Non è un fatto personale, ma strettamente politico: come è possibile riconoscere come propri rappresentanti chi ha gestito la politica di questi anni portandoci di fatto a questa situazione? Nessuno di loro che senta la responsabilità politica di quanto è accaduta nella nostra città, non il segretario che avrebbe dovuto assumersela per primo, non l’ex sindaco sfiduciata prima da parte del suo stesso partito e poi dagli elettori?
Vi è un peccato originale di fondo che traspare evidente e pesante come un macigno in queste primarie mantovane: nessuna persona, che non sia in qualche modo già interna all’apparato, ha avuto, né poteva avere, in concreto nemmeno la chance di arrivare a presentarsi. Chi, in questi pochi giorni, senza mezzi, conoscenze e rapporti, avrebbe potuto di fatto pensare di poter raccogliere le firme richieste anche per la sola partecipazione?
Possibile che in tutta Mantova non esista almeno una persona, fuori da piazza Anconetta, che per competenza, professionalità e moralità potesse essere indicata e sostenuta dalla stessa segreteria del partito?
I maggiorenti, tutti schierati con Bersani, oggi si credono anch’essi vincitori e si auto candidano come atto conseguente e dovuto ed a chi ha perso (ad esempio i renziani) si deve qualche candidatura in quota Renzi: ma a quando un candidato in quota “cittadini” ?
L’autoreferenzialità e la conseguente chiusura ad un rapporto costruttivo con qualsivoglia associazione, gruppo o comitato ha contraddistinto la politica del PD locale, lo ha “chiuso” in se stesso, dentro logiche correntizie e personalistiche che oggi ne garantiscono l’assoluta padronanza da parte di funzionari ed uomini dell’apparato.
Il rapporto con la società nel suo complesso e con le sue espressioni culturali ed associative che in tutti questi anni si sono moltiplicate e sviluppate al di fuori della politica ufficiale, molto spesso in contrapposizione ad essa, non si improvvisa certo in pochi giorni.
Molti sono stati in questi anni i segnali che Libertà e Giustizia ha mandato alle forze politiche locali per aprire un dialogo con tutto il mondo variegato e composito dell’associazionismo mantovano e sono molti mesi che ho esplicitamente chiesto alla dirigenza del Pd e a suoi primari esponenti se non pensassero all’opportunità finalmente di farsi carico di questa apertura facendosi promotori di qualche iniziativa (una grande “convention”!) capace di rompere il muro di silenzio che esiste ed aprire un confronto, certamente non facile, ma indispensabile per recuperare quel rapporto dialettico fra società e partiti che, secondo la Costituzione, dovrebbero essere lo strumento per “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”(art. 49). Quando cesseranno di guardare ai fermenti e alle critiche che nascono dentro la società sempre come antagonisti e non come risorse?
Si è invece andati avanti con la politica delle segreterie, degli apparati, dei piccoli o grandi gruppi di potere e, quel che è peggio, con il solito tran tran del piccolo cabotaggio che ha così immiserito l’azione politica ed allontanato da essa tantissime persone, vecchie e giovani.
Immiserito l’azione politica soprattutto perché, aldilà degli spettacoli degradanti delle immense ed impensabili corruttele, con la scusa di “de-ideologizzare “ il partito si è perduta la carta d’identità dei suoi valori, dei suoi ideali e quindi della sua prospettiva storica e si è perseguita meramente una occupazione di ogni spazio del potere ed addirittura delle stesse istituzioni pubbliche.
E non mi si dica che è mancato il tempo non solo perché i mesi e mesi trascorsi sarebbero stati più che sufficienti almeno per dare un segnale, ma soprattutto perché così dicendo dimostrerebbero di non aver capito nulla del rinnovamento della politica che passa inevitabilmente da un rapporto dialogico diverso con la società e le sue espressioni: perseguire il dialogo con esse è il fulcro centrale di una nuova politica, creare la partecipazione è la via maestra per far tornare i cittadini al senso civico e al concetto di bene comune, farli essere davvero protagonisti è il segno distintivo del rinnovamento e della democrazia.
Queste primarie, una foglia di fico quindi sulle stesse nudità, sono la dimostrazione che è ancora di là da venire sia la nuova politica che pure si dichiara, a parole, di voler perseguire, sia qualcuno in grado di farsene carico.
*L’autore è coordinatore di LeG Mantova