Chiudendo la manifestazione di domenica scorsa al Mediolanum Forum di Assago, Gustavo Zagrebelsky ha fatto un’affermazione ottimista (“stiamo vivendo un momento di possibile svolta dal degrado politico in cui siamo caduti”) e alquanto fiduciosa (“i partiti politici devono finalmente attuare la Costituzione”). Libertà e Giustizia ha interesse a non lasciar cadere nel vuoto queste parole, prendendo urgenti iniziative. Con alcuni caveat:
I partiti. Può non piacere ma il nostro sistema – quello che deriva da una Repubblica parlamentare – affida ai partiti il ruolo di cerniera tra cittadini e macchina amministrativa e di governo. Non sta alle associazioni svolgere ruoli di supplenza (né potrebbero, non possedendo i codici di procedura per assumerne le funzioni…). Ma per i partiti è difficile cambiar pelle. I partiti sono sempre quelli di una volta: gli stessi che, all’indomani dell’approvazione della Costituzione, cominciarono a tradirla e a svilirla. E, di tradimento in tradimento, di svilimento in svilimento, siamo giunto ai giorni nostri. Il degrado non è cominciato con Berlusconi. Certo, lui ci ha messo di suo, come agente acceleratore del degrado è stato fenomenale. Ma sia chiaro: prima di lui non c’era l’età dell’oro della democrazia e dello stato di diritto. Oggi, di fronte alla liquefazione dei partiti, quello che più preoccupa è il rischio di finire per avere una “partitocrazia senza partiti”. Più che una svolta, un ulteriore salto di qualità del degrado.
La Costituzione. Nel suo intervento dal palco, la Professoressa Carlassare ha ricordato come organi destinati a tradurre in realtà vivente le norme scritte in Costituzione hanno tardato a vedere la luce, come il Consiglio Superiore della Magistratura la cui legge di funzionamento arrivò solo nel 1958. Come altro esempio emblematico posso citare l’istituto referendario (art. 75 della Costituzione). I padri costituenti, nella loro saggezza e lungimiranza, hanno consegnato due schede in mano ai cittadini-elettori: quella per votare e quella per abrogare. La facoltà dei cittadini di abrogare una brutta legge ha quindi pari dignità, in Costituzione, con la facoltà di concorrere alla formazione delle leggi attraverso il voto popolare. Peccato che la prima delle due è stata sottratta agli italiani per 22 anni poiché la legge attuativa (legge 352) è stata approvata nel 1970 e solo perché DC e movimenti cattolici volevano abrogare la legge sul divorzio appena adottata. Non è un caso che Piero Calamandrei argutamente parlò di una Costituzione “presbite”: vale a dire una Costituzione che scorgeva piuttosto male le cose da vicino, ma che vedeva bene le cose da lontano. Teniamone conto.
Libertà e Giustizia. Quale ruolo per LeG? La domanda che dobbiamo porci è: come rendere i diritti che ci vengono costituzionalmente riconosciuti (e garantiti) finalmente esigibili? Come passare dalla fase destruens a quella construens? Se vogliamo davvero dare un contributo di qualità, io credo che faremmo un errore a muoverci in una logica del “male minore”, come a volte accaduto nel passato (meglio il mattarellum del porcellum, meglio sporcarci le mani con la Rai che avere una Rai lottizzata, ecc…). “Chi sceglie il male minore”, diceva Hannah Arendt, “spesso dimentica di avere favorito (comunque) un male”. Ma, cosa che più ci tocca, una democrazia è gravemente ammalata se, per convenienza, essa rimane silente di fronte ad una riforma o ad una legge non varata secondo le forme previste dalla nostra Costituzione (e, aggiungerei, se non conforme al diritto comunitario). Se vogliamo costituire dei “presidi” a difesa della Costituzione, com’è stato proposto alla manifestazione, allora questa è la linea rossa che dobbiamo tracciare. Non c’è “stato d’eccezione” che tenga. Se questo assunto è largamente condiviso, penso allora che LeG possa seriamente contribuire ad imprimere quella “svolta” invocata da Zagrebelsky. Con ognuno nel suo ruolo, con responsabilità e trasparenza.
*Filippo di Robilant – Consiglio di Presidenza di LeG