Carlo Galli sostiene che questo è un tempo di “ismi”: di persone che entrano nella storia della politica da vivi, sulla base del loro cognome. Attorno ad esso si coagulano sostenitori e avversari. Recentemente abbiamo avuto il berlusconismo, oggi si parla di montismo e di grillismo.
Con un po’ di buona volontà potremmo aggiungere un altro “ismo”, che imperversa sul nostro destino di misera Italia. C’è il “rubismo” di chi ha inteso la politica come splendida occasione per arraffare a man bassa, e c’è il rubismo di chi dice rassegnato tutti rubano, tutti sono ladri allo stesso modo. Volendo fare della triste ironia, si può scrivere anche con la “r” maiuscola alludendo alla celebre nipote di Mubarak, che rallegrava le cene eleganti del Cavaliere.
Contro il “rubismo” c’è veramente poco da fare, oramai. Chi e come potrebbe abbattere quel granitico convincimento di tanta parte del popolo italiano, sconvolto dal bottino di milioni di euro “rubati” ai cittadini, che sale vorticosamente di giorno in giorno, di ora in ora come il vero pozzo senza fondo della politica italiana?
Nessuno oramai ha l’autorevolezza o la credibilità di parlare a nome della politica onesta, che pure c’è. Nessuno può inventare e pretendere rimedi che altri già non gridino. Nessuno può presentarsi e dire: noi siamo diversi.
Il “rubismo” ha vinto questa partita.
Siamo davanti a un bivio: arrendersi e aspettare che passi la tempesta senza essere certi che passerà davvero. Non arrendersi e cercare se da qualche parte vi sia un’ancora di salvezza che lasci spazio alla speranza.
Abbiamo davvero esaurito la scorta di “riserve” della democrazia o delle istituzioni, come si diceva una volta? Io non credo, basterebbe uno sguardo lungo e disinteressato.
Abbiamo bisogno, gli italiani hanno bisogno, di persone in cui aver fiducia: perché prima di tutto sono competenti, credono nel servizio pubblico, non raccomanderebbero amici e parenti a scapito di chi non ha santi in paradiso, non farebbero mai vacanze con soldi dei cittadini e soprattutto, oltre a non rubare denuncerebbero chi lo fa. Magari da ragazzi o da grandicelli hanno anche conosciuto tempi duri, quando non si buttava via niente e il pane era una cosa seria, o sono stati allevati da genitori e nonni con queste convinzioni.
Gente che non si vergognerebbe a chiamare qualcuno “compagno”, perché sa che è una delle parole più belle del nostro vocabolario e indica, prima di tutto, chi condivide il pane.
Contro il “rubismo”, servirebbero tanti “compagni di strada”, gente che non si approprierebbe mai nemmeno di una pagnotta.
Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo