«Una legge anticorruzione riguarda la quotidianità di ogni persona, di ogni famiglia. Un appello a favore di queste norme è un impegno, comunque la si pensi. E non conta quale sia la propria visione del mondo, la propria religione, la propria idea politica». Roberto Saviano sostiene così la raccolta di firme cominciata ieri su Repubblica. it.
Oltre al sostegno dello scrittore di Gomorra in poche ore sono state raccolte altre 25mila adesioni sotto all’editoriale
del direttore, Ezio Mauro, (che riproduciamo qui a fianco) che chiede al Parlamento di approvare subito il disegno di legge e soprattutto sprona il governo a «non fare il notaio delle inerzie altrui», a «non restare ostaggio di una destra allo sbando ». Perché questa «cintura di illegalità pesa sul Paese per 60 miliardi di euro all’anno».
Ora l’iniziativa spetta all’opinione pubblica, alla società civile. Questo il messaggio di Saviano, che può essere ascoltato sul sito. «Firmare quest’appello – scrive l’autore di Gomorra – significa finalmente poter dire di essere parte di una costruzione nuova. Quella che va a fermare i meccanismi di corruzione. Perché la corruzione è un dispendio economico gigantesco, milioni e milioni di euro che si perdono. La corruzione allontana gli investimenti e trasforma la vita singola delle persone. Non vince il più bravo, il mercato è falsato, le elezioni sono alterate». E conclude:
«Firmare contro la corruzione significa dire che una democrazia può avere un segno o un altro. Ma non può essere così malata».
Tra le adesioni quella di Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, che dice: «La legalità spinge l’economia». E di un ex sindacalista, e attuale europarlamentare del Pd, Sergio Cofferati. E poi c’è la presidente di Libertà e Giustizia, Sandra Bonsanti. E la politologa della Columbia University di New York, Nadia Urbinati. Ma spicca soprattutto la firma di chi, sul fronte della legalità, è impegnato ogni giorno: Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera che qualche mese fa ha consegnato al presidente Napolitano un milione e mezzo di firme proprio per chiedere il riutilizzo sociale dei beni confiscati ai corrotti. «Aderisco all’appello perché non è sufficiente provare disgusto. Bisogna dire basta a chi ruba nel Paese in cui non ci sono i soldi per i deboli, per gli ultimi. E chiudono le cooperative e i centri d’accoglienza ». Da esperto, don Ciotti esprime anche il suo giudizio critico su alcune norme del disegno di legge. «Sull’esclusione dei condannati dalle candidature – dice – ci si affida a una delega al governo. E invece servivano certezze. E poi siamo ancora molto lontani dal riconoscere la contiguità delle forme di corruzione con quelle della criminalità organizzata» . Ma conclude: «Un segnale va comunque dato. E subito».
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