È ormai chiaro a tutti che, sul tema della giustizia, si è aperta una furibondacampagna contro il presidente
della Repubblica, condotta da alcuni organi di stampa. Una campagna del tutto infondata e strumentale che in Parlamento si avvale della rozza oratòria di Di Pietro. L’argomento, coro’è noto, riguarda il ricorso costituzionale del Quirinale nei confronti della procura di Palermo la cui fondatezza è stata documentatada tanti costituzionalisti. Tuttavia, dopo l’intervento del professor Gustavo Zagrebeisky (su la Repubblica, venerdì scorso) la polemica è diventata particolarmente rovente, anche perché investe il ruolo che il quotidiano diretto da Ezio Mauro ha avuto e ha ancora nella vicenda politica italiana, e particolarmente in quella della sinistra. In questo senso la polemica tra Zagrebeisky ed Eugenio Scalfari è significativa perché sono persone che esprimono idee e umori di un vasto ceto che sì è riconosciuto, in senso lato, nel centrosinistra. A questo punto le domande che si pongono sono almeno due: perché è stata avviata e alimentata la campagna contro il presidente e quale obiettivo si prefigge; perché il professor Zagrebeisky è sceso in campo con la durlindana politica mortificandola
sua nota e apprezzata scienza giuridica. Sia chiaro, non alludo (come fa spesso Antonio Ingroia) a complotti o ad anonimi poteri che vogliono delegittimare il Quirinale. Non vedo trame oscure. Vedo, invece, scenari politici su cui è bene discutere, anche perché, a mio avviso, viene pesantemente usata l’inchiesta della Procura di Palermo sulla cosiddetta «trattativa tra Stato e mafia» e sulla esigenza di operare per fare giustizia e conoscerer la verità.
Attenzione a questo slogan «giustizia e verità», di cui sono paladini il Fatto, Di Pietro e Ingroia. Il ricorso
costituzionale del Presidente, che non ha nessuna incidenza sull’inchiesta di Palermo (c’è anche una richiesta di
rinvio a giudizio del pm per un gruppo di indagati su cui deciderà liberamente il Gip), è stato assunto proprio come atto volto a negare «giustizia e verità». Il Fatto pone ai suoi lettori e ai fan di Di Pietro un quesito che ricorda Catalano. «È meglio una moglie ricca e bella o una brutta e povera?»: diceva il collega di Arbore. «Vuoi verità e giustìzia o occultare giustizia e verità?» è il quesito de il Fatto. Una vergogna senza precedenti che, però, ha un chiaro risvolto politico. Travaglio ha già allùso alla nascita del «Partito della Costituzione» e nella rubrica di lettori del suo giornale c’è già chi sollecita di mettere subito in campo quel partito. Io non so se c’è chi
progetta un partito. Ma vedo che c’è chi lavora per costruire uno schieramento che vuole condizionare
il dopo-Monti. Come spiegare l’ostinata campagna di Di Pietro (nonostante la prudenza di Bersani)
che inevitabilmentelo separa dal Pd? Il furbo e opportunista Di Pietro non lascia il certo per l’incerto. E l’uscita
politica del professor Zagrebeisky, leader dell’associazione «Libertà e giustizia» (la segretaria Sandra Bonsantì ha già firmato il manifesto elettorale del Fatto), è un segnale. L’associazione di cui parlo ha come fondatore e sponsor Carlo De Benedetti. I tormenti de la Repubblica sono quindi seri e comprensibili. E si riverberano anche su pezzi del centrosinistra e del sindacato. Chi legge il Fatto (ormai giornale-partito) sa che Flores D’Arcais ha assunto il patronato della Fiom di Landini. Non sto dicendo che il segretario della Fiom sia della partita, ma il tentativo di coinvolgere pezzi della Cgil c’è tutto. Mettere insieme l’opposizione sindacale vuoi dire pensare al dopo Monti, puntando a un rapporto non organico ma politico e mediato con Grillo. Questo schieramento già oggi condiziona Pd e Sel nel definire un progetto per il futuro. Ma l’appuntamento sono le elezioni del 2013 e il dopo-Monti, su cui questo raggruppamento giocherà una partita non solitària ma insieme a potentati che da sempre vogliono condizionare la polìtica. La situazione del Paese è grave, la crisi inevitabilmente provoca
rotture nei blocchi sociali che hanno avuto come referenti il centrodestra e il centrosinistra. La crisi beriusconiana e della Lega esprime anche questa realtà. Nel centrosinistra le cose sono più complesse, ma è evidente la difficoltà di ricomporre un blocco sociale e politico in grado di esprimere una nuova politica in Italia e in Europa. Il tema della giustizia in questo Paese è sempre aperto e centrale. E la sinistra, da gran tempo, non ha una linea forte e coerente. Oggi la crisi sociale e politica, offre al giustizialismo nuove carte e la giustizia può essere usata come leva per operazioni politiche più che discutibili. Fu così negli anni ’92-’93 e a usufruirne fu il Cavaliere. Attenzione, oggi, comunque vadano le cose, è la destra che alla fine dei giochi, su questo terreno, può avere la meglio.
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