3.500 adesioni, centinaia di twitter, decine i siti e i blog che rilanciano l’appello “Processare lo Stato infedele“. Tantissime testimonianze di chi, in quel maledetto giorno, a Bologna in stazione, a Brescia in piazza della Loggia, c’era ed è stato sfiorato dalla morte o ha perso familiari e amici.
“Quel maledetto giorno ho perso mia mamma e mio padre è rimasto invalido al 100% – scrive Annamaria Montani da Bologna – è abbastanza per chiedere finalmente la verità???” E Katia Monti, sempre dal capolouogo emiliano: “Avevo solo dieci anni, ma è il ricordo più vivido che ho dell’infanzia: il boato che sentii in lontananza, le sirene delle ambulanze, le lenzuola ai finestrini degli autobus che trasportavano cadaveri e feriti, e la folla che in poco tempo si assiepò in fondo a via Indipendenza … il silenzio incredulo, le facce stralunate. Dopo anni di indagini, processi, omissis e depistaggi c’è una cittadinanza intera, un popolo di onesti che reclama la verità oltre la giustizia per poter finalmente smettere di sentire il gelo alla schiena ogni volta che entra alla stazione“. Raffaele Farina ricorda: “Quella mattina del 2 agosto 1980 mio padre era transitato dalla stazione di Bologna poco prima dell’esplosione. Non avevo modo di comunicare con lui e passai interminabili momenti di angoscia prima di sapere che non era stato coinvolto nella strage. Non dimentico. Come non dimentico coloro che sono morti e il dolore dei loro cari.”
Leonardo Coen, editorialista di Repubblica, scrive: “Una vergogna lacerante. Arrivai con Pertini, quel giorno, dalla Val Gardena dove il nostro presidente trascorreva le sue vacanze Non dimenticherò mai l’orrore. E la rabbia provata negli anni successivi di fronte ai depistaggi, al silenzio, alle omissioni, ad una giustizia ostacolata, boicottata, frantumata. E’ ora di sapere! ”
Luciano Saia, da Brescia” Ero in piazza Loggia il 28 maggio 1974 e in quel giorno nasceva mio nipote Marco, voglio potergli spiegare la verità nascosta dallo stato italiano“. E Paolo Canipari, Presidente dell’Anpi di Salò, firma in memoria dell’ottava vittima di Brescia, Vittorio Zambarda.
Sottoscrive l’appello anche Nora Liberman, vittima di terrorismo di Stato in Argentina, ex-detenuta desaparecida.
Hanno tutti sete di verità e giustizia i nostri firmatari, l’amarezza è il sentimento prevalente: “Ci raccontano che lo Stato siamo noi, ma noi non mettiamo bombe” scrive Giuseppe Prestano, ma è forte anche la determinazione a ritrovare la luce fuori da un tunnel buio e lungo decine d’anni: “Stiamo aspettando la verità dal 12 dicembre 1969 – dice Flavia Oliva da Vicenza – ma la nostra memoria è come quella degli elefanti”.