Comitato Scientifico dell’Associazione “Salviamo la Costituzione” composto dal presidente prof. Alessandro Pace e dai soci professori Umberto Allegretti, Angel Antonio Cervati, Francesco Bilancia, Pietro Ciarlo, Michela Manetti, Cesare Pinelli e Paolo Ridola
Documento relativo alle proposte di modifica degli artt. 56, 57, 58, 70, 73, 74, 92, 94 e 126 nel testo unificato del d.d.l. cost. unificato nn. 24, 216, 894, 1086 ecc
Sulla procedura seguita per la riforma costituzionale:
Il testo derivante dal noto accordo tra gli onn. Alfano, Bersani e Casini consiste in una serie di d.d.l. costituzionali che, pur toccando aspetti centrali dell’impianto costituzionale, ha aperto un style=”font-size: medium; procedimentale che, in relazione all’importanza dei temi trattati, appare quanto meno frettoloso e lascia intravedere storture procedimentali al limite dell’ammissibilità. Il che è particolarmente grave nel caso di una procedura di revisione costituzionale nella quale si richiede dalla Costituzione un adeguato tempo di esame dei singoli progetti.
Può anzi aggiungersi che, in molti ordinamenti, si prevede persino lo scioglimento delle assemblee che approvano in prima deliberazione le modifiche costituzionali, oltre a una doppia approvazione, a intervalli di tempo fissi tra la prima e la seconda, con maggioranze qualificate e persino una successiva pronuncia popolare. In Italia, il procedimento di revisione della costituzione è disciplinato dall’art. 138 Cost. in connessione con la procedura prevista dagli artt. 71 e 72 Cost. per la legislazione ordinaria, ferma restando la maggiore solennità della procedura di revisione costituzionale.
Si ritiene pertanto che, rispetto all’introduzione di modifiche della forma di governo e del bicameralismo, rivestano carattere prioritario e condizionante sia la riforma della legge elettorale vigente – allo scopo di salvaguardare l’eguaglianza delle chances nella competizione politica ed il potere di scelta degli eletti da parte degli elettori – sia il completamento della disciplina legislativa dei partiti politici, attraverso la previsione di requisiti di democrazia nei processi decisionali interni.
Quanto alle proposte di revisione riguardanti i congegni della forma di governo, pur apprezzando nel progetto in discussione il riferimento a congegni di razionalizzazione e di stabilizzazione contemplati dalla Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania, il Comitato rileva che la funzionalità di tali congegni è stata assicurata nel contesto tedesco da fattori di coesione del sistema politico-partitico, che non si ravvisano nell’attuale situazione del nostro paese.
Sulla disomogeneità delle materie sottoposte a revisione costituzionale:
All’indomani della bocciatura popolare della legge di riforma costituzionale d’iniziativa del governo Berlusconi uno dei rilievi più diffusi fu che da tale bocciatura veniva confermato, da un lato, l’impianto della Costituzione del 1947 e, dall’altro, l’indirizzo interpretativo secondo il quale le leggi di revisione costituzionale disciplinate dall’art. 138 Cost. debbano avere contenuto omogeneo, non solo perché la pluralità delle modifiche rende più difficile l’approvazione del testo unitario, ma anche e soprattutto perché, se è vero che la libertà di scelta dell’elettore non può essere coercita da un referendum che abroghi una pluralità di disposizioni disomogenee, come più volte statuito dalla Corte costituzionale, a fortiori la libertà di scelta dell’elettore non può essere coercita quando gli si chiede di approvare una legge di revisione costituzionale che modifichi materie disparate.
Di qui la conseguenza che la via maestra dovrebbe piuttosto essere la predisposizione di tanti progetti di legge costituzionali quante sono le materie incise dalla riforma. E ciò anche perché è immediatamente percepibile, nel d.d.l. cost. in esame, la già rilevata frettolosità con la quale sono state approfondite talune tematiche, una per tutte quella del bicameralismo.
Sulla conferma della circoscrizione estero:
Molte perplessità suscita nel Comitato l’intento di non sopprimere la c.d. “Circoscrizione Estero”, la cui breve esperienza ha già avuto occasione di dimostrare i propri deleteri effetti sul complessivo sistema rappresentativo.
Sui disegni di legge d’iniziativa governativa:
La facoltà del Governo di chiedere per un proprio disegno di legge l’iscrizione, con priorità all’ordine del giorno, il voto bloccato entro un termine determinato e, decorso tale termine, l’approvazione articolo per articolo, senza emendamenti, priva il Parlamento di qualsiasi potere d’influenza sulla formazione delle leggi.
La disposizione proposta è peggiorativa persino in confronto al regime restrittivo cui è soggetta, giusta la sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012, la procedura di conversione del decreto legge. Questa, allo scadere dei sessanta giorni, può sfociare o in rifiuto (esplicito o implicito) di conversione, oppure in una legge che contenga emendamenti “non eccentrici” rispetto alla disciplina contenuta nel decreto legge, mentre a qualsiasi disegno di legge indicato come prioritario dal Governo il Parlamento potrebbe opporre, secondo la proposta di revisione costituzionale in esame, soltanto un rifiuto, senza poter modificare nulla.
Non può dunque spettare altro che al Parlamento il potere di valutare le priorità indicate dal Governo, e, pur accogliendole, di conformare la disciplina che ne dovrà scaturire. Il potere di emendamento è, da questo punto di vista, fondamentale espressione di una democrazia parlamentare e quindi non può essere sospeso o derogato in funzione delle esigenze di sollecita attuazione del programma di governo.
Sul procedimento legislativo e sulle distinte funzioni delle due Camere:
Sul tema del procedimento legislativo, l’attribuzione al Senato dei disegni di legge «riguardanti prevalentemente le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117» vorrebbe “specializzare” il Senato su tutte le questioni di spettanza regionale in ordine alle quali lo Stato debba intervenire con legge di principio (competenza concorrente). Vista l’impraticabilità politica dell’ipotesi di trasformare il Senato in Camera di rappresentanza delle autonomie, si cerca insomma una sorta di surrogato, che però, a parte la palese incongruenza fra struttura dell’organo – con particolare riferimento alla confermata elezione popolare diretta dei suoi membri – e funzioni che gli si vorrebbero attribuire, presuppone che la definizione delle materie oggetto di competenza concorrente sia univoca, priva di problemi interpretativi e di possibili intrecci con le materie oggetto di competenza esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, su cui legifererebbe la Camera salvo richiamo del Senato. Va tuttavia obiettato che la giurisprudenza costituzionale è da circa un decennio costretta a dipanare i frequentissimi intrecci fra i due elenchi materiali dell’art. 117 Cost. ai fini della definizione delle controversie costituzionali Stato-Regioni.
Parimenti criticabile è l’ulteriore previsione che l’assegnazione ad una delle due Camere, d’intesa tra i loro presidenti, dei disegni di legge avvenga “con decisione insindacabile”. Il che equivale a stabilire che la Corte costituzionale non potrebbe sindacare la decisione adottata al riguardo dai presidenti delle Camere.
Ciò rischia di porre un ancor più grave problema. Infatti, dal momento che, nella definizione dei giudizi di legittimità in via principale, la Corte costituzionale muove dall’individuazione della materia in contestazione, la Corte medesima si troverebbe ad una individuazione non operata né dalla Costituzione né dalla propria giurisprudenza. Se invece la Corte rifiutasse una siffatta lettura della norma, la Corte finirebbe per non dare alcun peso all’intesa fra i due Presidenti nonostante la sua proclamata “insindacabilità”.
Infine una revisione costituzionale che prevedesse una simile “specializzazione funzionale” del Senato darebbe l’impressione di aver voluto risolvere una volta per tutte il problema dell’identità della seconda Camera con un accorgimento in ogni senso modesto. E soprattutto una siffatta revisione perpetuerebbe un tipo di riparto di potestà legislativa, come quello concorrente, su cui le stesse forze politiche che si accingono a votare la riforma in esame avevano maturato ben più ponderati progetti di riforma.
Sul ridotto ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica:
Desta molte perplessità il forte affievolimento del ruolo del Capo dello Stato nelle fasi di crisi. Il Comitato ritiene invece fondamentale il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica quale strumento di salvaguardia degli equilibri istituzionali nelle fasi di grave crisi politica del sistema parlamentare di governo.
A maggior ragione il Comitato manifesta contrarietà agli emendamenti Alfano ed altri che, nell’introdurre l’elezione a suffragio universale del Capo dello Stato e nel sottrarre a controfirma i più importanti atti presidenziali, determinano una radicale alterazione del modello parlamentare delineato dalla Costituzione del 1947 all’interno del quale si colloca la posizione del Presidente della Repubblica.
Roma, 8 giugno 2012