L’articolo di Nadia Urbinati su la repubblica del 19 aprile 2012 è sicuramente lo scritto di maggiore spessore ed autorevolezza che sia stato dato di leggere sull’argomento finanziamento pubblico dei partiti.
La tesi così convintamente sostenuta si presta però a serie obiezioni.
Intanto, l’autore ci dice che il modello americano, fondato sul sostegno di privati ai due opposti schieramenti, è contestato da alcuni autorevoli opinionisti e teorici politici americani (John Rawls e Ronald Dworkin tra i più prestigiosi). Trascura però di dirci cosa propongono questi autori in sostituzione. Per caso sostengono il finanziamento pubblico? Questa omissione è una lacuna grave, sapendo come sia contraria l’opinione americana alla invadenza dello Stato in ambito economico e politico.
Seconda omissione: la Urbinati non ci dice che il finanziamento pubblico negli USA è, secondo quanto fra i maggiori giornali americani hanno proclamato, defunto, sia per la modestia dei fondi, sia per la severità dei controlli.
Ma la terza mancanza – grave – riguarda il silenzio su un aspetto essenziale del sistema americano. L’identità dei finanziatori, specialmente quando elargiscono grossi contributi, è, in quel paese, di pubblico dominio. E ciò non costituisce piccolo deterrente contro favoritismi conclamati.
Da noi, il sindaco Renzi, invitato a dire chi siano stati i finanziatori della sua campagna elettorale, rispose “stiamo contattando tutti i finanziatori per chiedere loro se sono disposti a rinunciare alla riservatezza della donazione”. (La Nazione, 5 marzo 2012). Dunque questi nomi sono coperti da una cappa di silenzio, a meno che non decidano spontaneamente di rivelarsi. Finora, non pare che l’abbiano fatto.
Allora l’alternativa vera è tra il finanziamento segreto e quello palese.
Ma vi sono sviste di ancora maggior peso nello scritto della Urbinati. Afferma l’illustre studiosa – ed è l’argomento chiave – che: “nella democrazia rappresentativa l’esclusione politica può facilmente prendere le forme del non essere ascoltati perché la propria voce è debole, non ha mezzi per giungere alle istituzioni. È questa la ragione per la quale è importante avere il finanziamento pubblico dei partiti”.
Domando: ma il finanziamento pubblico in Italia, ha forse impedito che l’informazione pubblica e privata, fosse monopolizzata e asservita a un magnate a suo uso e consumo, fino al punto da espellere i commentatori sgraditi – si chiamassero Santoro o Biagi – per imporci coi soldi nostri Ferrara?
Dunque la tesi secondo cui il finanziamento garantisce l’accesso anche ai deboli dei mezzi d’informazione è smentita clamorosamente dall’esperienza vissuta; il finanziamento pubblico in realtà non ha garantito nulla, mentre è stato strumento di intollerabili abusi e frodi pubbliche.
Deve allora respingersi anche l’idea di un rimborso spese per le campagne elettorali?
Se fossimo educati al rispetto delle regole, questo tipo di sovvenzione forse sarebbe ammissibile, a precise condizioni:
a) alla presentazione di un piano di spese, per le iniziative programmate a fini elettorali, con relativi preventivi
b) alla allegazione di un numero adeguato di cittadini sostenitori ( es: 500.000, a somiglianza del limite per la presentazione di referendum), non potendo lo Stato elargire fondi per candidati privi di qualsiasi consenso popolare;
c) alla approvazione del piano di spese, secondo regole identiche per tutti i concorrenti; e indipendentemente dalla iscrizione in partiti politici, non essendo l’elettorato passivo condizionato dalla iscrizione ad un partito
d) alla consegna di documentazione attestante le somme versate, o comunque il debito contratto, in conformità col piano presentato, con l’ovvio corollario delle sanzioni penali ove risulti l’infedeltà della documentazione esibita.
e) all’affidamento della funzione di controllo contabile al giudice dei conti.
In mancanza di queste condizioni nulla dovrebbe essere corrisposto ai partiti politici, per la loro gestione amministrativa, essendo stato questo principio affermato da un referendum che ha raccolto ampi consensi; e la volontà referendaria va rispettata, come espressione di quella sovranità che la Costituzione assegna il popolo, e della quale troppe volte il popolo è stato defraudato.