Il 25 febbraio 2011 il Comitato nazionale di bioetica (CNB) ha approvato a maggioranza un documento favorevole al riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza dei farmacisti rispetto alla vendita della pillola del giorno dopo (PGD), purché vengano contestualmente predisposti strumenti efficaci in grado di non vanificare la possibilità per la donna di accedere al farmaco [1].
La querelle sulla PGD – un preparato a base del progestinico levonorgestrel da assumere entro le 72 ore dal rapporto presumibilmente fecondante [2]– ha una storia ormai decennale. In un documento pubblicato il giorno precedente l’immissione in commercio in Italia del Norlevo di Angelini [3], la Pontificia Accademia per la Vita osservò che la PGD “esplica un meccanismo prevalentemente di tipo ‘antinidatorio’, cioè impedisce che l’eventuale ovulo fecondato (che è un embrione umano), ormai giunto nel suo sviluppo allo stadio di blastocisti (5°-6° giorno dalla fecondazione), si impianti nella parete uterina” e da ciò concluse che, “se può essere utile, per motivi di descrizione scientifica, distinguere con termini convenzionali (ovulo fecondato, embrione, feto, etc.) differenti momenti di un unico processo di crescita, non può mai essere lecito decidere arbitrariamente che l’individuo umano abbia maggiore o minor valore (con conseguente fluttuazione del dovere della sua tutela) a seconda dello stadio di sviluppo in cui si trova” .
A tambur battente furono presentati, ma mai approvati, tre disegni di legge finalizzati a consentire l’obiezione di coscienza per i farmacisti (lo stesso è avvenuto nelle legislature seguenti, compresa l’attuale, la quale conta sei disegni di legge pendenti). Tutto questo perché i farmacisti italiani, a norma dell’art. 38 del Regio Decreto del 30 settembre 1938, n. 1706, Approvazione del regolamento per il servizio farmaceutico, “non possono rifiutarsi di vendere le specialità medicinali di cui siano provvisti e di spedire ricette firmate da un medico per medicinali esistenti nella farmacia” [4] . In questo modo, però, così affermano i sostenitori del diritto all’obiezione di coscienza, i farmacisti sarebbero costretti a partecipare a un processo abortivo, poiché, come recita il foglietto illustrativo del Norlevo [5] , la PGD agirebbe “bloccando l’ovulazione o impedendo l’impianto dell’ovulo eventualmente fecondato” [6].
Sulla presunta attività antinidatoria della PGD bisogna però fare chiarezza. A oggi non esistono evidenze empiriche che indichino che la PGD impedisce l’annidamento, ma anzi gli studi clinici sino a oggi condotti suggeriscono in maniera abbastanza univoca che la PGD agisca inibendo piuttosto l’ovulazione (non dunque “uccidendo” un embrione, ma impedendone la formazione) [7] . Tuttavia, ed è il punto che più o meno implicitamente fanno proprio i membri del CNB favorevoli all’obiezione dei farmacisti [8] , l’assenza di evidenze empiriche a sostegno della tesi antinidatoria non implica che sussistano evidenze empiriche che escludano la possibilità dell’effetto antinidatorio.
Ora, fondare un diritto all’obiezione di coscienza sul fatto che non abbiamo prove dell’assenza di effetti antinidatori appare per alcuni aspetti discutibile; dopotutto, se guardiamo ai tre casi [9] in cui l’ordinamento italiano concede la facoltà di esercitare obiezione di coscienza (interruzione volontaria di gravidanza [10] , sperimentazioni animali [11] e tecniche di fecondazione assistita [12]), vediamo che in quei casi gli effetti moralmente inaccettabili per l’individuo sono certi, non meramente possibili. È d’altra parte un tratto qualificante degli ordinamenti liberali l’idea che le convinzioni personali vadano prese sul serio e – ove possibile – le persone siano messe al riparo dalle conseguenze di atti che giudicano profondamente immorali, anche quando non v’è certezza che queste conseguenze si producano. Questo a meno che non vi sia un’altra ragione che giustifichi una risposta negativa dell’ordinamento alla richiesta di obiezione. Tale ragione, a mio giudizio, esiste; cercherò qui di seguito di spiegare quale sia.
Anche assumendo che la PGD possa impedire l’annidamento dell’ovulo fecondato, l’equivoco di fondo che sta alla base della richiesta di obiezione consiste nel considerare sullo stesso piano la convinzione della donna che vuole assumere la PGD per evitare una gravidanza indesiderata e la convinzione del farmacista che è contrario all’aborto. Così invece non è. L’azione del farmacista (negare la PGD) compiuta secondo le sue convinzioni impedisce alla donna di agire secondo le proprie; invece l’azione della donna (assumere la PGD) compiuta secondo le sue convinzioni non impedisce al farmacista di agire secondo le proprie. Infatti, l’assunzione della PGD da parte della donna non comporta che il farmacista compia un aborto, mentre la mancata vendita della PGD da parte del farmacista comporta che la donna inizi una gravidanza indesiderata. Nel primo caso l’azione impedita dal farmacista obiettore ha un legame diretto con le convinzioni della donna; al contrario, tale legame non sussiste quando al farmacista obiettore lo Stato impedisce di rifiutarsi di vendere la PGD (senza subire sanzioni). Infatti, mentre la mancata vendita causa una violazione dell’autodeterminazione riproduttiva, l’impossibilità di esercitare obiezione non causa alcun aborto; causa semmai – ma è cosa diversa – l’impossibilità di impedire un aborto.
Soltanto la presenza di un nesso diretto tra convinzioni e azioni, quale esiste negli altri casi di obiezione di coscienza ammessi dall’ordinamento italiano, può però giustificare l’esenzione: l’azione compiuta da un agente deve cioè causare direttamente uno stato di cose contrario ai convincimenti dell’agente medesimo; non basta cioè che si limiti a renderlo possibile o a favorirlo . Da questo punto di vista, mentre l’assunzione della PGD ha un legame diretto con l’effetto di impedire l’annidamento dell’ovulo fecondato, non si dà invece alcun legame analogo tra la vendita della PGD e il mancato annidamento (il mero atto di vendere la PGD a una donna che ne faccia richiesta di per sé certamente non causa alcun aborto).
Stupisce quindi che i membri del CNB favorevoli all’obiezione di coscienza del farmacista dichiarino quanto segue:
Il fatto che il farmacista svolga un ruolo “meno diretto” rispetto a chi pratica clinicamente l’aborto non è ritenuta ragione sufficiente per invalidare l’argomento a favore della clausola morale. La distinzione tra partecipazione diretta o indiretta non ha rilevanza morale in quanto entrambe le azioni contribuiscono ad un eventuale esito abortivo in una catena di causa ed effetti senza soluzione di continuità: anche il ruolo meno diretto (la dispensazione del farmaco, previo esame e controllo della ricetta) è pur sempre un anello decisivo della catena di scelte ponderate e professionalmente qualificate che porterà, a seguito della assunzione del prodotto, alla possibile eliminazione farmacologica dell’embrione. L’astensione dal favorire (o semplicemente rendere possibile) tali pratiche può allora rappresentare non solo per il medico, ma anche per il farmacista, un dovere morale e deontologico nei confronti della tutela e promozione della vita umana.
Si tratta di dichiarazioni che rinunciano alle possibilità dell’analisi filosofica e dell’argomentazione in etica, e che non fanno altro che assumere quel che invece andrebbe provato. Francamente, quando si devono decidere o consigliare regole vincolanti per tutti, è lecito attendersi qualcosa di più.
Questo intervento riprende argomenti sostenuti nel saggio Obiezione di coscienza e pillola del giorno dopo, «Bioetica», 17 (2009), 3, pp. 489-520.
* L’autore Ricercatore di Filosofia del Diritto – Università di Milano, è coordinatore del circolo LeG Pavia
Note:
- Ma l’efficacia è descrescente col passare del tempo: soltanto se assunta entro 24 ore dal rapporto a rischio offre un’efficacia del 95%.
- Decreto del Ministero della Salute di autorizzazione all’immissione in commercio della specialità medicinale per uso umano ‘Norlevo’ (G.U. n. 238, 11 ottobre 2000). L’altro prodotto equivalente autorizzato è il Levonelle di Schering.
- Ricordo che, a differenza di molti Paesi dove è farmaco da banco, in Italia la PGD necessita di una ricetta non ripetibile.
- Il foglietto subì una riforma a seguito di una prouncia del TAR del Lazio, sez. I bis 12 ottobre 2001, n. 8465, che impose di chiarire senza possibilità di equivoco la possibilità di effetti intercettivi.
- È bene ricordare che la PGD (a differenza dunque della Ru-486) non ha alcun effetto sull’ovulo una volta che l’annidamento è avvenuto.
- Cfr., per esempio, P. G. Laliktumar, Mifepristone but not levonorgestrel inhibits human blacstocyst attachment to an in vitro endometrial three-dimensional cell culture mode, in “Human Reproduction”, 22 (2007), pp. 3031-3037, citato anche nel Documento del CNB.
- Cfr. il Documento del CNB, nella parte in cui riporta le posizioni dei membri favorevoli ad estendere il diritto di obiezione di coscienza al farmacista: “i dati sperimentali e clinici non consentono di giungere a conclusioni definitive e condivise nell’escludere un meccanismo d’azione che, almeno in certo numero di casi, impedisca lo sviluppo precoce o l’impianto dell’embrione nell’endometrio, un effetto che viene considerato abortivo da chi ritiene che la gravidanza abbia inizio a partire dalla fecondazione”.
- Il quarto e notissimo caso riguardava, fin quando non è stato sospeso a tempo indeterminato – e dunque abolito di fatto, se non di diritto – il servizio militare obbligatorio, l’uso personale delle armi. Cfr. la legge 15 dicembre 1972, n. 772, Norme per il riconoscimento della obiezione di coscienza
- Legge 22 maggio 1978, n. 194, Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza, art. 9.
- Legge 12 ottobre 1993, n. 413, Norme sull’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale.
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, art. 16.