Le manifestazioni di Libertà e Giustizia al Palasharp e quelle  delle donne in tutta Italia sono state variamente dipinte come il  risveglio dell’Italia, l’arrivo di una nuova stagione e, dai più  ottimisti, come l’avvio di una mobilitazione permanente.
Comunque sia, c’era gran bisogno di una scossa e questa è finalmente arrivata.
Per questo, dire “dobbiamo andare oltre” non basta.
Sarà  pure la tempesta perfetta descritta da Stefano Menichini ma, finché la  Lega non decide di cambiare rotta, governo e maggioranza continueranno a  galleggiare, seppure nell’occhio del ciclone. Dagli slogan bisogna  quindi passare alle proposte, soprattutto ora che la congiunzione  astrale per una volta sembra favorevole al centrosinistra, se solo ne  sapesse cogliere l’occasione.
Per dare una risposta adeguata al cri  de coeur di questi giorni, le forze politiche del centrosinistra, oltre  ad una caparbia opposizione in parlamento ed una credibile alternativa  di governo dal punto di vista programmatico, devono prima di tutto dare  un forte messaggio di coesione. Non si tratta dell’arrivo salvifico di  un nuovo messia – in questo campo abbiamo già dato – ma di smetterla con  questa cacofonia dove c’è chi vagheggia di imposte patrimoniali, il cui  effetto immediato è di regalare qualche trilione di voti alla destra;  chi invece lancia iniziative più tattiche che strategiche, dalla Santa  Alleanza al Cln contro Berlusconi; chi, proponendosi di rifondare il  centrosinistra e candidarsi alla guida del paese, propina prolisse  narrazioni anziché proposte politicamente sostenibili; c’è chi, poi,  pensa che rottamare sia di per sé un programma politico…
Urge  invece rassicurare su questo fronte i milioni di italiani che si  riconoscono nel centrosinistra: non tanto se c’è un papa straniero in  arrivo, ma più modestamente se c’è un gruppo ristretto di dirigenti  politici pronti a mettere da parte il loro ego per voltare pagina.
Vero  è che il sistema prevede alla fine l’indicazione di un candidato a  presidente del consiglio, ma questi non deve essere per forza né una  rockstar né un guru carismatico; al contrario, questo paese ha bisogno  di persone normali, al limite del grigio, ma preparate, capaci, con il  senso delle istituzioni e che parlino attraverso i loro provvedimenti e  non attraverso proclami tanto roboanti quanto inconcludenti.
Non c’è  dubbio: per rimettere in carreggiata la nostra democrazia malata  rimuovere il masso che ostruisce la strada è necessario. Ma meglio  sapere che – se e quando il masso sarà rimosso – la strada rimarrà  comunque in salita. I motivi li ha spiegati bene Gustavo Zagrebelsky al  Palasharp: le radici del nostro male sono profonde. Non occorre  scomodare il Basso impero romano, Machiavelli, il nepotismo, le congiure  di palazzo delle corti rinascimentali o il Barocco con i suoi  trompe-l’oeuil e le sue false prospettive; basta guardare come,  all’indomani della sua approvazione, la costituzione repubblicana fu  subito tradita da quegli stessi partiti che la sottoscrissero. Così, di  tradimento in tradimento, di svilimento in svilimento, siamo arrivati  alla discesa in politica di Berlusconi il cui impatto su questo precario  edificio non poteva che essere devastante.
Un’analisi peraltro già fatta in maniera accurata dai Radicali con il volume sulla “peste italiana”.
Sia  chiaro, se c’è qualcuno che ha beneficiato di questo degrado  partitocratico questi è Berlusconi: nella Prima repubblica, come  imprenditore; nella Seconda, come politico. Di questa decomposizione  oggi è l’interprete più autentico e, allo stesso tempo, un suo  formidabile agente acceleratore. Dopo aver azzerato il potere  legislativo, trasformando il parlamento in un votificio di nominati con  una legge elettorale degna di una repubblica bananiera, svilito il  potere esecutivo, sgovernando il paese e svuotando la presidenza del  consiglio (anche in senso fisico), tentato di delegittimare il potere  giudiziario, attaccando frontalmente la magistratura, Berlusconi ha  raggiunto l’apoteosi con la sortita di voler far causa allo stato che  lui stesso dovrebbe incarnare. Avete presente il punteruolo rosso, quel  coleottero micidiale che uccide la palma partendo dalla chioma?  Berlusconi e i suoi epigoni agiscono nello stesso modo: aggrediscono la  democrazia andando al cuore delle istituzioni e abbattendole dal di  dentro.
Per questo trovare un antidoto efficace è particolarmente  difficile. Ma almeno cominciamo a cercarlo, magari non in ordine sparso.
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         Domenico Gallo
Domenico Gallo