Il contagio dell’ansia

30 Novembre 2010

Non hanno placato i mercati né il salvataggio dell’Irlanda né il nuovo meccanismo per affrontare le crisi del debito pubblico negli anni futuri. Eppure erano decisioni abbastanza forti, quelle prese dai ministri dell’area euro e dell’Unione domenica a Bruxelles. Disfacevano i pericolosi equivoci nati oltre un mese fa dal vertice di Deauville fra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Accettavano, a sorpresa, le proposte della Banca centrale europea.

A Bruxelles e a Francoforte si spera che la fiammata non duri; e che la validità dell’accordo venga compresa. Le teste migliori, sui mercati, già la riconoscono. Ma la corsa esasperata potrebbe continuare. Si avrebbe così la prova che, una volta messe in moto, certe sbandate gregarie dei mercati sono più difficili da fermare di una valanga, anche prendendo le misure giuste. Proprio per questo in Italia occorre fare attenzione a ciò che ha detto ieri la Commissione europea.

In altri tempi non sarebbe particolarmente grave il dubbio dei tecnici di Bruxelles sui piani del governo italiano: prevedono 0,4% di deficit pubblico in più nel 2011 (6 miliardi) e 0,8% nel 2012. Ci sarebbe tutto il tempo di verificare gli andamenti e di correggere durante l’anno prossimo nel caso risulti necessario. Ma non siamo in un momento normale. Il documento della Commissione è stato pubblicato nella tarda mattinata di ieri, poco dopo che per la prima volta il «contagio» dell’ansia sui Paesi deboli dell’euro aveva toccato anche l’Italia. Un’asta di titoli di Stato non del tutto favorevole, dove i tassi che il Tesoro paga si sono rialzati di oltre mezzo punto, ha dato esca a voci false che per qualche decina di minuti hanno ingigantito il problema.

Nell’analisi dei tecnici di Bruxelles non è credibile per intero il forte aumento del gettito tributario che il governo italiano ha messo in bilancio come recupero dell’evasione. Sarebbe meglio, secondo loro, non vendere la pelle dell’orso prima di averlo acchiappato. Per giunta le modifiche in corso alla «legge di stabilità» in Parlamento – non ancora esaminate a Bruxelles – potrebbero renderla più fragile.

In una situazione tanto delicata, è meglio non rischiare. Ai bilanci degli Stati deboli dell’euro i mercati stanno dedicando una attenzione esasperata. Le previsioni economiche della Commissione europea non hanno contribuito molto al nervosismo di ieri, perché nel complesso dell’Unione abbastanza positive; ma se l’Italia capita nel mirino, diventeranno visibili anche aspetti prima trascurati.

Tra gli economisti si discute se ulteriori strette ai bilanci, da gettare in pasto al Moloch dei mercati, non rischino di essere controproducenti. Ideale sarebbe avere solidi programmi pluriennali di risanamento e di riforme, credibili senza concentrare tutti i sacrifici subito. Ma proprio nel momento in cui nella politica italiana tutti usano la parola «futuro» trovare un accordo del genere pare più lontano che mai.

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