“Si dice continuamente che bisogna fare un governo per cambiare la legge elettorale, non è così. Anzi, è proprio il contrario: il nostro problema è che abbiamo bisogno di una nuova legge elettorale subito, prima di fare un nuovo governo”.
Valerio Onida, presidente emerito della Consulta, siede nel Consiglio di presidenza di Libertà e Giustizia. Impegnato in questi giorni nella difesa dei rom, contro il decreto della Presidenza del Consiglio che definì “l’emergenza nomadi”, e reduce dalla campagna per le primarie di centrosinistra a candidato sindaco di Milano, scioglie i nodi sulla riforma del Porcellum.
“È dal 2005, da quando cioè la legge è entrata in vigore che molti dicono che va cambiata e poi nessuno fa nulla. La verità è che questa legge piace ai bipolaristi a oltranza, perché con il premio di maggioranza garantito alla lista più votata, produce un bipolarismo coatto. Questa è una delle distorsioni più pesanti che si aggiunge all’altra, l’impossibilità da parte degli elettori di scegliere i candidati”.
Di solito però in Italia la legge elettorale si fa a fine legislatura e ora si aggiunge la concomitanza della crisi…
“La legge elettorale deve farla il Parlamento, che potrebbe approvare fin da subito una riforma su iniziativa parlamentare e non governativa e comunque senza dover aspettare la crisi. La legge elettorale fa parte delle regole di sistema, perché riguarda sia maggioranza che opposizione, deve essere deliberata in Parlamento, lontano dall’influenza del rapporto fiduciario con il governo. Inoltre, per il caso italiano, c’è una raccomandazione europea che dice che è meglio non fare la legge elettorale a fine legislatura, proprio per evitare possibili condizionamenti”.
E se, nel frattempo si aprisse la crisi?
“Ma anche se il governo non ottenesse la fiducia e si aprisse la crisi, le Camere potrebbero votare lo stesso la legge, senza aspettare che si formi prima un nuovo governo. Perché è vero che viene sospesa l’attività legislativa ordinaria, ma la legge elettorale rientrerebbe in quella straordinaria, in nome dell’urgenza oggettiva”.