Pubblichiamo la lettera aperta di cinque docenti di Politecnico e Università Cattolica (Andrea Arcidiacono, Paolo Galuzzi, Laura Pogliani, Giorgio Vitillo e Stefano Pareglio) sul Pgt del Comune di Milano.
Caro direttore, l´intensa attività edilizia degli ultimi anni ha peggiorato la qualità della vita a Milano. Inquinamento dell´aria, scarsità di verde, mancanza di adeguati spazi pubblici, carenze nel trasporto pubblico e ridotta integrazione sociale sono sotto gli occhi di tutti. Ciò nonostante, il Pgt adottato a luglio rinuncia a governare le future trasformazioni, anzi: afferma di «non voler essere un piano». Non stupisce dunque la vaghezza delle previsioni insediative, l´assenza di una prospettiva metropolitana, il disimpegno rispetto ai grandi interventi in corso (molti dei quali in difficoltà) o l´evanescente regia sulle nuove e cospicue trasformazioni messe in campo.
Né stupisce l´ossessiva volontà di cancellare ogni «vincolo»: in un sol colpo, vengono abbattuti i limiti massimi di edificazione, il controllo morfologico e tipologico, la dotazione minima di standard e le destinazioni d´uso. Tutto questo furore innovativo, per ottenere che cosa? È semplice da intuire. Prima però bisogna superare la retorica liberista che ammanta il Pgt e la mistificazione che lo puntella, e che narra di raggi verdi e di suolo «liberato» e, più ancora, di 5 nuove linee metropolitane, del prolungamento delle 3 linee esistenti e del secondo Passante ferroviario. Opere che dipendono quasi integralmente da finanziamenti nazionali (indisponibili) o da un nebuloso project financing (nel caso del tunnel stradale ambiguamente congelato). Accantonati i falsi miti, rimangono i veri obiettivi del Pgt. Che sono tre.
Primo: un´ulteriore densificazione volumetrica della parte centrale della città, che è già tra le più dense al mondo, una vera e propria «città di pietra». Secondo: la generazione di nuovi diritti volumetrici attraverso un meccanismo di perequazione che finirà per penalizzare sia le aree di origine (il Parco Sud), sia quelle di destinazione (come gli scali ferroviari, le caserme, San Vittore o la Bovisa). Alle prime vengono attribuite volumetrie non necessarie, non essendoci alcun progetto dopo l´eventuale acquisizione al demanio pubblico. Sulle seconde vengono recapitati oltre 10 milioni di metri quadrati di nuova superficie: una quantità abnorme, se si pensa che a Milano negli ultimi 15 anni si sono programmati e costruiti tra i 5 e i 6 milioni di metri quadrati e che nella città esistente il nuovo Pgt mette in gioco altri 30 milioni di metri quadrati, indifferenti alla storia dei tessuti urbani e alle esigenze dei cittadini. Sulla regolazione di questi nuovi diritti non si è deciso nulla, se non che verranno gestiti da un´imprecisata «borsa». Di certo, convertiti in strumenti finanziari, miglioreranno le condizioni patrimoniali di pochissimi soggetti, ma graveranno per decenni sulla città e sul suo opaco mercato immobiliare, condizionando ogni prospettiva di ordinato sviluppo urbanistico.
Terzo: la pratica dei Pii, che ha portato alle note vicende di Santa Giulia, Citylife o Garibaldi-Repubblica, assurge a regola generale. Il nuovo Pgt attribuisce all´amministrazione il compito di negoziare con i privati, caso per caso, l´attuazione delle trasformazioni. Il negoziato si svolgerà però «senza rete», perché non sono stati fissati i requisiti minimi di convivenza urbanistica, a partire dalla manutenzione della città pubblica esistente. Non solo: in nome della sussidiarietà orizzontale, il Pgt stabilisce dettagliate modalità di accreditamento per i soggetti privati che erogano servizi di interesse pubblico, ai quali attribuisce anche crediti volumetrici. Dunque, invece di tutelare i servizi pubblici che arrancano, l´amministrazione si attribuisce il compito (improprio) di selezionare l´ingresso degli operatori sul mercato e di determinare le condizioni per l´esercizio dell´attività di impresa. Altro che liberismo.
Fino a metà novembre è possibile proporre osservazioni al Pgt. Non crediamo che, se sarà approvato, il Pgt sarà molto diverso da quello adottato a luglio. Vogliamo però dire che cosa, per noi, è irrinunciabile: definire chiare regole di scambio pubblico-privato; programmare le trasformazioni nel tempo, associandole a un progetto infrastrutturale e sociale fattibile, precisando l´offerta di servizi pubblici; «rimettere in circolo» le volumetrie inutilizzate, rendendo più aderenti al mercato le previsioni di nuova edificazione; annullare i diritti edificatori nelle aree del Parco Sud; ripristinare un progetto sugli usi e sulle densità; focalizzare le poche risorse disponibili sull´edilizia sociale da destinare all´affitto. È la nostra proposta per restituire senso, utilità e dignità al Pgt di Milano.
Andrea Arcidiacono, Paolo Galuzzi, Laura Pogliani, Giorgio Vitillo (Politecnico di Milano), Stefano Pareglio (Università Cattolica del Sacro Cuore)