Si nota un crescendo di aggressività nella minoranza finiana; ed una reazione difensiva, quasi intimorita da parte del Pdl. La riforma della giustizia ed il «lodo Alfano» si stanno rivelando fronti di oggettiva debolezza per Silvio Berlusconi. E Gianfranco Fini non fa nulla per non sottolinearlo. Il fatto che ieri, proprio da Milano, abbia avvertito che sulla giustizia si potrebbe aprire la crisi di governo, conferma una situazione patologicamente sull’orlo della rottura. Ma soprattutto dice che il presidente della Camera sembra deciso a sfidare Berlusconi, nella convinzione di avere di fronte un leader in difficoltà: tanto più dopo l’altolà arrivato da Giorgio Napolitano.
È come se il conflitto con Palazzo Chigi gli avesse restituito energia e grinta; e reso il ruolo di terza carica dello Stato un orpello residuale. «Mi è tornata la passione politica dei vent’anni», ha detto ieri a Milano. Il «no» di Fini alla possibilità di reiterare la legge che dovrebbe fare da scudo al presidente del Consiglio nei processi è netto. «Non siamo disponibili a garantire la persona, è la funzione che va tutelata», ripete. E la cautela del Guardasigilli, Angelino Alfano, per il quale la reiterabilità non sarebbe «vitale», conferma l’inquietudine di Palazzo Chigi.
Berlusconi sa di potersi ritrovare costretto a trattare anche al ribasso. E comunque si rifiuta di reagire a quella che considera una strategia di provocazioni. Qualche finiano piccona il «lodo» costituzionale in quanto tale, nella convinzione che il presidente del Consiglio non possa né voglia una crisi. Ma più la situazione va avanti, più i margini si assottigliano. Il Fli parla di un governo per cambiare la legge elettorale. E, pur rimanendo nel centrodestra, lascia che alcuni dei suoi esponenti disegnino scenari di «terzo polo» con l’Udc di Pier Ferdinando Casini; ed evochi un’alleanza contro il voto anticipato.
Fini ritiene che un mancato accordo sulla giustizia non potrebbe essere usato come «pretesto» al premier per tornare alle urne. Il messaggio è trasparente: il Fli non avallerà quello che Casini chiama «autoribaltone» della maggioranza; e dunque non darà il via libera alle elezioni. Il progetto, sempre più trasparente, è quello di scaricare sul premier e la Lega l’eventuale fine della legislatura; e di fare di tutto per scongiurare le elezioni con l’attuale sistema. Pur di evitare una nuova vittoria dell’«asse del nord», sarebbe lecito allearsi con tutti: anche con il centrosinistra.Per quanto ci si sforzi di esorcizzare la «sindrome siciliana», dove un Pdl lacerato al suo interno è stato mandato all’opposizione da un’alleanza fra Mpa, Fli e Pd, quell’anomalia pesa. Ed ingigantisce le ombre sulla tenuta del governo nazionale; e sulle capacità del premier di amalgamare gli interessi di Nord e Sud. È il sintomo di una situazione locale fuori controllo; e la metafora di sviluppi imprevedibili. Prudente, la Lega finge di credere al traguardo del 2013. Ma si prepara al peggio. E l’assenza fisica di Berlusconi ed il suo silenzio alimentano la sensazione di un vuoto di potere ormai troppo vistoso.