Il Cavaliere disarcionabile

01 Ottobre 2010

Berlusconi è in difficoltà, ma neanche per i suoi avversari la strada è in discesa. Se il voto della Camera ha dimostrato che può esistere una maggioranza alternativa a quella Pdl-Lega, quello del Senato ha sancito l’esatto contrario.

Il Cavaliere è in sella, ma il cavallo è balzano e può disarcionarlo da un momento all’altro. Neanche per i suoi avversari, però, la strada è in discesa: se il voto della Camera ha dimostrato che può esistere una maggioranza alternativa a quella Pdl-Lega, quello del Senato ha sancito l’esatto contrario. Vale a dire che un governo tecnico non avrebbe chances a meno di non spezzare l’asse tra Berlusconi e Bossi, ipotesi al momento improbabile. Una situazione di stallo. Vediamo.

Il primo dato di fatto è che il premier non vuole le elezioni. E non le vuole davvero, come dimostra l’inaudita celebrazione che apriva il discorso berlusconiano a Palazzo Madama della “maggioranza più ampia e articolata” uscita da Montecitorio, dimenticando che proprio l’”articolazione” della maggioranza era ciò che si voleva evitare. E come dimostra l’esilarante sequenza della scuse di Bossi ai porci romani: prima c’è stata la mozione di sfiducia individuale presentata dal Pd contro il capo leghista, poi c’è stato l’annuncio che i finiani su quel documento si sarebbero astenuti, quindi è arrivata la precipitosa ritirata bossiana per evitare un voto che sarebbe stato mortale per il governo. Dunque, al di là delle minacce, le elezioni sono uno spauracchio per Berlusconi: forse ha sondaggi catastrofici, forse teme che gli artigli della magistratura possano tornare a ghermirlo nelle more di una campagna elettorale che impedirebbe l’approvazione del lodo Alfano costituzionale. Chissà.

Il secondo dato di fatto è che i rapporti tra finiani e berlusconiani sono pessimi. In ogni talk show televisivo tengono banco le risse tra i rappresentanti delle due fazioni: litigano più tra loro che con le opposizioni. Ricucire sembra impossibile, anche se pare che questo sia il consiglio che Gianni Letta sussurra quotidianamente nelle orecchie del Cavaliere. Del resto, se Berlusconi avesse mediato non avrebbe espulso Fini dal Pdl provocando tutto questo putiferio, avrebbe bilanciato lo strapotere di Bossi appoggiandosi su Fini e avrebbe arginato Fini contrapponendogli Bossi. Ma se fosse capace di fare questo, Berlusconi non sarebbe più Berlusconi, e non c’è altro da aggiungere.

Il terzo dato di fatto è che nessuno chiede più le dimissioni di Fini dalla presidenza della Camera. Perché? Ma perchè il voto dei deputati ha dimostrato che a succedergli non sarebbe certo un berlusconiano ortodosso. L’opposizione e i finiani sono in grado di eleggersi il loro presidente. E sarebbe lo smacco più cocente per la maggioranza.

Da parte sua, ed è il quarto dato di fatto, l’opposizione appare rincuorata: il Cavaliere sbertucciato in diretta tv è stato un tonico miracoloso per le sue esauste truppe. Però quella che fino a ieri appariva la strada maestra, e cioè il governo tecnico per riformare la legge elettorale, appare sbarrata dal voto del Senato. Perciò si studiano nuove tattiche, compresa quella di andare alle elezioni (date comunque per certe nella prossima primavera) con un cartello elettorale che unisca sinistra, centro e Fli. L’ipotesi è suggestiva perché sulla carta avrebbe concrete possibilità di vittoria, ma è impossibile prevedere quanto risulterebbe attraente per gli elettori di forze troppo diverse per stare insieme. Bisognerebbe riuscire a spiegare bene il perché di una simile alleanza, e con gli organi di comunicazione saldamente in mano al Cavaliere l’impresa sembra davvero ardua.

Il risultato di tutto questo è, appunto, di stallo. Lo scenario più probabile, in questo momento, è che il governo continui a vivacchiare, continuamente strattonato da una parte o dall’altra, e si approdi alle elezioni in primavera. Elezioni dalle quali Berlusconi uscirebbe nuovamente vincitore alla Camera, per via del premio di maggioranza previsto dal Porcellum, ma perdente al Senato, a causa dell’alleanza tra Fini e il governatore siciliano Lombardo. Così si dovrebbe davvero fare un governo tecnico per riformare la legge elettorale e tornare di nuovo alle urne. Elemento positivo: Berlusconi, non sedendo più a Palazzo Chigi, si ritroverebbe privo di ogni scudo giudiziario. Elemento negativo: l’Italia perderebbe tempo prezioso nel fronteggiare la crisi che sta strozzando i bilanci familiari.

Naturalmente, in mezzo ci sono le mosse che ciascun partito può fare per uscire dalla stretta. Il premier utilizzerà il tempo guadagnato per accaparrarsi consensi tra i deputati con mezzi più o meno commendevoli. L’opposizione cercherà di mettergli i bastoni tra le ruote e, al contempo, di inventare strategie vincenti. Che dire? Speriamo che ci riesca.

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