ROMA — Volendo pensare male si potrebbe dire che la cosa sembra studiata per dare il colpo di grazia al potere della sinistra nelle Regioni. Se il nuovo decreto sul federalismo non rischiasse invece di mietere la prima vittima nel Popolo della libertà. Dice infatti il provvedimento che i governatori i quali non presenteranno sei mesi prima della loro scadenza i conti della sanità «certificati» non potranno ricandidarsi. Una pillola avvelenata che potrebbe estromettere il presidente del Molise Michele Iorio dalla prossima sfida elettorale, in programma fra poco più di un anno. Potrebbe, se la misura draconiana fosse già in vigore. Ma siccome non lo è, e non lo sarà fino a chissà quando…
Direte: a che serve allora questo gioco? Serve a far capire in concreto cosa potrebbe succedere in una situazione reale ai politici che guidano Regioni con i conti in disordine. Illuminante è un rapporto sulla sanità appena sfornato dalla Corte dei conti. Il Molise conta appena 320 mila abitanti ma dal punto di vista dei bilanci sanitari, se sono esatti i dati contenuti in quel documento della magistratura contabile, versa nella condizione peggiore fra le Regioni italiane, con la sola eccezione del Lazio. Il disavanzo, nel 2009, è stato pari a 225 euro per ogni residente, contro i 244 del Lazio, i 133 della Valle D’Aosta, i 125 della Campania, i 116 della Sardegna e i 111 della Calabria. Proprio per questo lo scorso anno il governatore Iorio è stato nominato commissario per attuare un ferreo piano di rientro. Ma le cose non sono andate evidentemente per il verso giusto. Per esempio, non è stata accolta la richiesta che era stata avanzata dal commissario: utilizzare i soldi del Fas, il fondo per le aree sottosviluppate che dovrebbero essere utilizzati per le infrastrutture e gli interventi economici, allo scopo di tappare il buco della sanità. A maggio di quest’anno il Tavolo tecnico e il Comitato permanente incaricati di verificare l’attuazione delle misure hanno concluso, riferisce sempre il rapporto della Corte dei conti, «che la Regione Molise non ha migliorato bensì peggiorato negli anni il risultato di esercizio con una conseguente crescita dei disavanzi». Ragion per cui, «alla luce della grave situazione finanziaria determinata dai ritardi nell’attuazione del piano di rientro, dall’adozione di atti in contrasto con lo stesso piano…» si è deciso di proporre una iniziativa senza precedenti: commissariare il commissario. Il suo destino è adesso nelle mani di Silvio Berlusconi.
Ma che cosa sarebbe accaduto se la regola della incandidabilità dei governatori fosse stata già applicabile prima delle ultime elezioni regionali? Con ogni probabilità l’ex presidente della Regione Calabria Agazio Loiero sarebbe stato messo con ogni probabilità fuori gioco. E il centrosinistra avrebbe dovuto trovare un altro cavallo da far correre. Come hanno dimostrato anche le indagini della magistratura, la Calabria è la Regione nella quale non soltanto i costi sono elevati e la qualità dei servizi scadente, ma è pure quella con il maggiore disordine amministrativo. Ci sono casi in cui mancano addirittura i bilanci. Per rendersi conto della situazione basta uno sguardo alla relazione consegnata dai commissari della Azienda sanitaria provinciale numero 5 di Reggio Calabria al ministro dell’Interno Roberto Maroni, nella quale si denuncia uno stato di cose «allo sfascio totale, paurosamente e pericolosamente senza regole, senza guida e senza controlli». Descrivendo un ente «in stato di abbandono, lasciato a gruppi di potere interni alla propria dirigenza, con strutture amministrative caotiche, con infiltrazioni criminali attraverso meccanismi manipolati dall’esterno con la compiacenza dei dirigenti». Il tutto, con un indebitamento che per quella sola azienda era arrivato a superare i 500 milioni di euro. Secondo la Corte dei conti la perdita cumulata e «non coperta» della sanità calabrese per il periodo gennaio 2006 – dicembre 2009 è stata pari a un miliardo e 14 milioni di euro. Anche se in base alle informazioni disponibili non è impossibile considerare «sottostimata» questa somma.
Qualche serio rischio di ineleggibilità l’avrebbe potuto correre anche Nichi Vendola, il governatore della Puglia che non soltanto ha vinto nuovamente la sfida delle regionali, ma che ora gode di un consenso crescente come possibile candidato premier della sinistra nel caso di elezioni politiche anticipate. La sanità pugliese ha archiviato il 2009 con un disavanzo di quasi 300 milioni, cifra pari a 72 euro per ogni abitante. Una somma decisamente più gestibile rispetto a quella di altre realtà meridionali, come la Campania (725 milioni di euro il buco del 2009). Ma non indifferente. Soprattutto in considerazione di un indebitamento delle aziende sanitarie regionali che nel 2009 aveva raggiunto 2 miliardi 752 milioni, con un aumento del 5,78% rispetto al 2008. Una esposizione tredici volte più grande di quella della vicina Basilicata, altra Regione del Sud in disavanzo: 22 milioni di euro, 37 per ogni abitante. Un deficit modesto, che tuttavia avrebbe potuto creare qualche problemino al governatore di centrosinistra Vito De Filippo, il quale nel marzo scorso si è ricandidato e ha rivinto. Ma nel caso in cui ci fosse stata la norma capestro avremmo assistito anche in Sardegna allo stesso confronto elettorale fra l’ex presidente Renato Soru e Ugo Cappellacci, che si è risolto con la vittoria di quest’ultimo? Nel 2008 la sanità sarda ha registrato un deficit di 130 milioni e un indebitamento di 712 milioni.
Brividi avrebbe provato pure Claudio Burlando, che come Vendola e De Filippo si è ripresentato nel 2010 alle elezioni ed è stato confermato governatore della Liguria: Regione del Nord che insieme al Veneto, dice la Corte dei conti, ha chiuso in rosso il 2009. Un centinaio di milioni di euro. Cifra irrisoria, paragonata alla voragine, quasi quattordici volte più grossa, del Lazio: un miliardo 371 milioni, con un debito stimato, nel 2008, di ben 9 miliardi di euro. Va da sé che in una situazione del genere, se la regola della ineleggibilità fosse stata vigente, l’ex governatore Piero Marrazzo non avrebbe mai potuto aspirare a ricandidarsi. Però nel suo caso, come sappiamo, la questione non è neppure posta. Per ragioni che niente hanno avuto a che fare con il buco della sanità.
Nemmeno l’ex presidente della Regione Campania Antonio Bassolino, che comunque non si è ricandidato, avrebbe avuto qualche chance. Per non parlare dell’ex governatore della Sicilia, dottor Totò Cuffaro, ora senatore: un radiologo alla guida fino al 2008 di una Regione con i conti della sanità in rosso per 232 milioni e un debito di oltre 4 miliardi di euro. Sistemare le cose toccherà ora al suo successore, dottor Raffaele Lombardo, psichiatra.