Qualcosa si muove. E se qualcosa si muove, paradossalmente, è perché qualcuno è rimasto cocciutamente fermo sulla propria posizione. La chiave di lettura che il Quirinale offre come possibile spiegazione delle novità che nelle ultime 48 ore sembrano aver reso un po’ meno pesante il clima intorno alla contestata legge in materia di intercettazioni, in fondo è molto semplice.
A rimanere fermo, naturalmente, è stato il Colle: che ha sia evitato coinvolgimenti nella stesura (o nelle correzioni) del provvedimento in questione, sia respinto ogni tentativo di far intendere – a lavori parlamentari in corso – che non avrebbe firmato il testo così come licenziato da Palazzo Madama. Questa posizione ha non solo «ridato dignità al Parlamento e al lavoro di entrambe le Camere» (come annotano al Quirinale) ma anche prodotto le novità di cui si diceva all’inizio. Novità che, a stringere, possono essere ridotte a due: la disponibilità di Berlusconi a non insistere (almeno per ora) su una approvazione-lampo della legge anche alla Camera, e l’invito alla prudenza e alla disponibilità al confronto lanciato ieri da Bossi dopo un incontro con Fini.