Più di così non potevamo fare, altrimenti avremmo dovuto rompere e non mi sembra il caso». In pubblico canta vittoria, in privato Gianfranco Fini allarga le braccia: per evitare la rotta di collisione «l’unico compromesso possibile» sulle intercettazioni è stato trovato al Senato e approvato all’unanimità dall’ufficio di presidenza del Pdl.
Con un solo voto di astensione, quello clamoroso di Berlusconi, che avrebbe voluto una legge più dura per rispettare la tutela della privacy. Come promesso in campagna elettorale. Ma per i finiani si tratta di una furbata comunicativa: il premier fa la vittima, ma alla fine incassa un risultato anche se più limitato. Fa la vittima pure quando agli albergatori dice di non avere poteri, che la giornata del presidente del Consiglio è «un calvario», stretto tra il Quirinale, la presidenza della Camera, i magistrati, le lobby e la burocrazia parlamentare. Così, astenendosi, può sostenere che nel partito c’è vera democrazia, addirittura va in minoranza il leader carismatico.