Rivoluzione Quirinale, che democrazia è quella di B.?

19 Aprile 2010

“La casualità della rappresentanza si trasforma nella irresponsabilità della rappresentanza. Se il Parlamento non ha più un legame diretto con un territorio e con un elettorato salvo il caso della Lega Nord, a chi deve rendere conto delle decisioni che prende? E’ una circostanza destinata a riverberarsi sulla qualità del lavoro parlamentare e sul rapporto con il governo. Nel 1649 il Parlamento inglese guidato da Oliver Cromwell, forte della sua capacità di rappresentanza, fece processare e condannare a morte il re Carlo I Stuart, accusato di voler instaurare il potere assoluto della Corona. Un Parlamento nominato invece che eletto, come è oggi quello italiano, ha più modeste prerogative di autonomia istituzionale e di centralità politica da rivendicare:
“Non si vuole un parlamento alla Cromwell, ma quanto meno un parlamento responsabile, conscio del suo potere e dalla schiena dritta. E’ un fatto invece che il rapporto tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il Parlamento della XVI legislatura non è iniziato nel modo migliore. Il premier ha invocato ripetutamente maggiori poteri dell’esecutivo rispetto a quelli del Parlamento. A marzo del 2009 ha prospettato l’ipotesi che, per guadagnare tempo e denaro, le leggi venissero votate solo dai capigruppo parlamentari e non da tutti i membri delle assemblee. Due mesi dopo, a maggio, ha dichiarato di ritenere del tutto inutili 630 deputati e di volerli ridurre a 1oo, ipotizzando il ricorso ad una legge d’iniziativa popolare per raggiungere questo risultato.

Se mesi dopo, a novembre, ha proposto il cambio della Costituzione con l’elezione diretta prima del premier e poi invece del capo dello Stato. A fine dicembre ancora un annuncio: ‘Nel 2010 faremo tutte le riforme istituzionali in tutte le direzioni.
“Ecco un primo caso di studio: desiderio di efficienza o tentazione di autocrazia, annunciata anche nella formula del ‘partito dell’amore’ e dei ‘paladini della libertà’? Dentro l’apparente estemporaneità delle proposte avanzate nelle sedi più diverse, il ’salotto’ televisivo di Bruno Vespa, un’assemblea confindustriale, il Transatlantico di Montecitorio, visitando i terremotati in Abruzzo, intervenendo per telefono all’assemblea di una comunità terapeutica, il progetto di riordino istituzionale delineato non ha nulla di estemporaneo: è un organico disegno che tende a sostituire l’attuale democrazia parlamentare con una democrazia governativa.
“In discussione non è la riduzione del numero dei parlamentari ma il ruolo del Parlamento. E’ una diversa visione politica rispetto a quella che ritiene in equilibrio un sistema istituzionale quando la forza dell’esecutivo è bilanciata da quella di assemblee legislative liberamente elette. ‘Il potere assoluto corrompe assolutamente”, metteva in guardia Montesquieu. Anche dentro il Popolo della libertà, contro il progetto berlusconiano si sono levate voci critiche come quella di Gianfranco Fini il quale, pur presidenzialista convinto, non è sembrato fare solo una difesa d’ufficio del Parlamento in quanto presidente della Camera dei deputati”.

* Da “Rivoluzione Quirinale”, Gaffi editore, Roma 2010

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