Il servilismo non paga. Anzi il Tg1, e per esso il suo “direttorissimo” Augusto Minzolini, dovrà pagare una multa di 100mila euro per avere sostenuto con troppo, eccessivo entusiasmo la causa elettorale del Cavaliere. Altrettanto dovrà pagare l’ammiraglia di Mediaset – il Tg5 – per la stessa identica ragione. Nella motivazione della decisione, l’Autorità per le Comunicazioni ha rilevato nei due telegiornali “il perdurare di un forte squilibrio informativo tra le forze politiche, in particolare tra Pdl e Pd, ed una marginale presenza delle nuove liste che si sono presentate alle elezioni, in violazione del richiamo già rivolto alle emittenti ed attuale il riequilibrio dell’informazione nei notiziari”. Pertanto la Commissione servizi e prodotti dell’Agcom “ha comminato, all’unanimità, una sanzione di 100.000 euro al Tg1 e al Tg5 che presentavano il maggiore squilibrio ed ha, nel contempo, rivolto un richiamo a tutte le emittenti ad attuare un immediato riequilibrio dell’informazione entro la chiusura della campagna elettorale”.
Due osservazioni a botta calda. La prima riguarda i tempi della sanzione, l’oggettiva tardività della misura. Com’è che l’Authority si è accorta solo trenta ore prima della chiusura della campagna elettorale di uno scandalo che va avanti senza interruzione da molte settimane? La seconda riguarda l’entità della sanzione? In materia di violazione della par condicio (con tutti i limiti di questa legge e con tutte le vergognose e strumentali “interpretazioni” che ne hanno fatto non solo il centrodestra ma anche e soprattutto la maggioranza del consiglio d’amministrazione della Rai) l’Agcom può irrogare sanzioni che vanno da un minimo di cinquemila ad un massimo di 256mila euro.
Perché la Commissione si è arrestata a quota 100mila? Che razza di altro furto di democrazia, di corretta informazione, di equilibrio professionale doveva esser perpetrato perché si desse il massimo della multa?
Detto questo, l’Authority ha dato – finalmente, tardivamente – ragione a quanti, tanti, avevano segnalato insistentemente la gravità di quanto stava e sta accadendo da troppo tempo. Come dire che l’Authority certifica la impar condicio informativa, la troppo evidente e sfacciata partigianeria dei due principali Tg in chiaro. E se il Tg5 ha dalla sua la “scusante” di essere la voce del padrone, il Tg1 è il maggior organo di informazione della tv pubblica. Sì, il suo direttore (pardon, il suo direttorissimo) è stato nominato da Berlusconi in persona. Sì, gli editoriali di Minzolini sono più e peggio di quelli di Emilio Fede. Ma c’è un limite.
Ed è significativo che questo limite sia stato individuato dall’Agcom, il cui presidente Corrado Calabrò aveva saputo resistere nelle settimane scorse alle insistenti e dirette pressioni del presidente del Consiglio che pretendeva la testa dei giornalisti che non sono in ginocchio davanti a lui. Ed è altrettanto significativo che alla riunione della commissione dell’Agcom che ha deciso le sanzioni fosse assente (il che contribuisce a spiegare l’unanimità della decisione) il commissario Giancarlo Innocenzi, che non è solo uomo fidato di Berlusconi ma che, in questa veste, faceva da portavoce delle pretese del Cavaliere sia in Rai e sia in Agcom.
E ora? C’è chi chiede che la multa al Tg1 sia pagata di tasca sua da Augusto Minzolini: un modo per non confondere le sue responsabilità con quelle dei telegiornalisti che non si sono piegati alla pretesa-ricatto di firmare la lettera di solidarietà al direttorissimo coinvolto e indagato nella inchiesta di Trani per rivelazione di segreto istruttorio (dopo l’interrogatorio si affrettò a telefonare al sottosegretario Bonaiuti). Chi paga la multa è questione che si veda la Rai. Ma c’è chi deve pagare politicamente: è Minzolini. Che si dimetta, che abbia un sussulto di dignità e lasci la direzione del Tg1.
Il direttorissimo ad orologeria di Sergio Sergi