Europa e referendum: questi i temi ai quali è stato dedicato l’incontro di mercoledì 6 maggio tra Emma Bonino e il circolo romano di Libertà e Giustizia. L’attuale vice presidente del Senato, che è stata commissario europeo ed è tuttora una dirigente radicale, è indubbiamente esperta in entrambe le materie. Ed è nota per il rigore delle sue opinioni, la capacità di parlare con chiarezza e la disponibilità al confronto. Qualità che le hanno valso numerosi applausi a scena aperta, nonostante la spietatezza delle sue analisi, che mettono in luce la cattiva condizione delle istituzioni europee e rendono esplicita la contraddizione tra un pessimo referendum e la necessità di “coltivare” la legalità referendaria. Vediamo, in sintesi, quello che Emma Bonino ci ha detto.Europa: “Non gode di buona salute, e questo proprio in un momento di crisi economica, in cui avremmo bisogno di più Europa. Quello che ci ha reso forti, ed ha permesso anche una crescita umana dei paesi europei, è il mercato interno e l’euro. Ora che si sentono slogan nazionalistici, dall’‘english job for english workers’ al ‘comprate francese’ di Sarkozy, vedo messo in discussione anche il mercato interno. Guardiamo il settore finanziario e quello dell’automobile: sarebbe stata necessaria un’azione comune e invece ognuno si è arrangiato per i fatti suoi. Il rischio, con tanti auguri alla Fiat, è di cannibalizzarci. In queste condizioni non si può pensare che l’Europa ci salverà.
Anzi, il pericolo che corriamo è di finire in una situazione simile alla dissoluzione dell’impero sovietico. Guardate in quale contesto ci stiamo muovendo: tra poco dei tanti ‘G qualcosa’ che si riuniscono continuamente faranno parte gli Usa, la Cina, l’India, la Russia (se ce la farà) e il Brasile come traino del Sud America. Ma da sole a quel tavolo non si siederanno neppure la Francia o la Germania. Solo l’Europa unita potrebbe farlo, e si tratterà non di imporre qualcosa, ma di negoziare il futuro del mondo.E invece? Invece si registra l’assenza totale della Commissione europea. Trovo fantastico che neppure una proposta sia venuta dalla commissione, nonostante i temi della crisi siano di sua competenza. Siamo in crisi di leadership, e mi chiedo perché ci siamo affrettati a confermare Barroso alla presidenza della Commissione. Forse solo perché i governi preferiscono una commissione debole. Un esempio: i 27 spendono 201 miliardi di euro all’anno per la Difesa e mantengono 2 milioni di donne e uomini in divisa. Ma senza tecnologia e formazione: la maggior parte dei soldi se ne vanno in stipendi. La conseguenza è che di questi 2 milioni neanche il 30 per cento è utilizzabile fuori dai confini nazionali e solo il 5 per cento fuori dall’Europa. Cioè su 2 milioni appena 98 mila. E’ evidente che se avessimo una Difesa europea potremmo partecipare alle decisioni su cosa fare e dove, mentre così possiamo solo aggregarci a scelte prese senza di noi. L’unica linea politica visibile è ‘chi è più amico di chi’.
Invece, fuori dall’esempio della Difesa, quel che serve è una testardaggine spinelliana e andare avanti con chi ci sta. Perché forse a 27 non si può, perchè non è vero che tutti i paesi contano allo stesso modo, perché bisogna superare la regola dell’unanimità, che poi si traduce in diritto di veto, e passare alle decisioni prese a maggioranza qualificata.Dunque il prossimo Parlamento europeo potrà avere un grande ruolo. Malgrado l’atteggiamento dei politici italiani, che lo considerano un parcheggio o un castigo, e malgrado il provincialismo della nostra stampa”.Infine, la questione dell’ingresso della Turchia nella Ue: “Io sono perché continui il negoziato. Non si deciderà adesso, perché queste trattative durano sempre dieci anni, ma bisogna continuare a discutere. Primo per salvaguardare la credibilità dell’Europa, perché se ci rimangiamo il sì al negoziato nessuno si siederà mai più ad un tavolo con noi. E poi perché abbiamo tutto l’interesse a sviluppare la coesistenza con il mondo musulmano. Nessun paese oggi può stare da solo, perciò o la Turchia viene con noi o la costringiamo a stringere rapporti con l’Arabia saudita o il Turkmenistan o chissà chi altro. Non abbiamo bisogno di nuovi avversari”.Referendum: “Il comitato referendario è nato in tutt’altro contesto, quando la parcellizzazione politica era al massimo. Ma io non ho firmato, e ho cercato di spiegare a Guzzetta e agli altri che la legge prodotta dal referendum sarebbe stata peggiore di quella che c’è.
Io sono un’anglosassone, ma questo bipartitismo è ‘sotto il vestito niente’: non c’è nessun controllo, nessun collegio uninominale che colleghi gli eletti agli elettori. Avremmo un bipartitismo oligarchico che controlla un Parlamento di nominati, che a sua volta nomina gli altri organi di garanzia. Il contrario di quanto accade negli Usa o in Inghilterra, dove il potere del presidente e del primo ministro sono limitati da precisi e forti paletti. Invece qui abbiamo una maggioranza che considera i paletti come un intralcio. E non pensiate che se vincessero i Sì si farebbe una nuova legge elettorale, perché non mi pare credibile che Berlusconi dica: mi sembra di avere troppo potere, vorrei cederne una parte.Dunque io sono per il no, ma non sono per le scorciatoie ruiniane e astensioniste. Il referendum, come l’hanno voluto i padri costituenti, è uno dei pochi strumenti di controllo che sono rimasti. Dobbiamo difenderlo ad ogni costo. E’ vero che l’astensione è via più facile per far fallire questo referendum che non ci piace, ma diciamocelo francamente: il quorum non lo decidiamo noi. Lo decideranno Rai e Mediaset, se saranno gettate sul campo di battaglia. E allora non dobbiamo cedere perché alla fine le convenienze divorano le convinzioni. Mentre a noi tocca il compito di coltivare convinzioni e legalità. Perderemo? Magari perderemo, ma nei momenti difficili bisogna saper essere punto di riferimento per il futuro, bisogna continuare a lavorare per un cambio di cultura politica.
E bisogna insistere: la legalità non è un optional.‘Non andate a votare, andate al mare’: l’hanno detto in tanti e per ultimo Ruini. Sapete che c’è? Io non lo dirò”.
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