Ringrazio vivamente gli organizzatori di questo incontro, per avermi offerto l’occasione di qualche riflessione, in verità venata da un po’ di tristezza. Spiego subito perché.La Costituzione è oggi una fortezza assediata.Col tempo, da molte parti, è stata oggetto di aggressioni e tradimenti. Non con aperte contestazioni di principi e valori – salvo temo, negli ultimissimi tempi – ma con continue, sistematiche elusioni, aggiramenti, volute obliterazioni. Insomma, una silenziosa, come va di moda dire oggi, delegittimazione, come se non contasse più quello che dice, che è poi il destino dei vecchi, che si ignorano dire anche quando hanno ragione.Quel che invece ha del miracoloso, è proprio l’opposto: che la costituzione è giovane. Ed ha una forza inesauribile di civiltà, che è il meglio che questo paese ha prodotto nei non molti secoli di storia, poche volte in verità brillanti. Torniamo a noi. Se volessimo riassumere in due concetti i principi fondanti della Costituzione direi: Solidarietà e Eguaglianza; con il suo necessario corollario di Legalità. Tutto il resto ruota intorno a questi due valori. So bene, è uno schema troppo riduttivo. Ma è utile per una lettura non frammentaria.Mi potreste dire: così riassunta, la Costituzione sta tutta nell’articolo 3. “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali dinanzi alla legge…E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che…impediscono l’effettiva partecipazione…ecc.
C’era allora bisogno di tutta una serie di altri precetti, che specificano nel dettaglio queste parole, che io definirei un atto di fede nella buona volontà dell’intero popolo ma soprattutto dei suoi rappresentanti, perché nelle loro leggi tenessero davanti agli occhi questi fondamentali precetti? Sì. I costituenti non erano degli sprovveduti. Sapevano che solidarietà ed eguaglianza potevano sembrare parole inermi se non fossero precisate in una serie di contenuti espliciti e puntuali. Ed è proprio contro queste indicazioni specifiche che si è creato prima un silenzio assordante, e poi una interessata, strisciante manipolazione. Quell’atto di fede, è stato, dai governi che si sono succeduti, e dai parlamenti, ossia dalle forze politiche che hanno nel tempo governato il paese, tradito.Ma chi, e come, e quando? Di certo, non è possibile fare qui neanche per cenni la storia di questa manipolazione. Ma qualche cenno volante si può fare.La prima origine del meccanismo che ha consentito ai governi, grazie alle maggioranze parlamentari di cui disponevano, non avendo mai il parlamento nel nostro paese avuto una autonomia decisionale rispetto ai partiti, può individuarsi nella distinzione che, fin dai primi tempi di funzionamento della Corte si impose, e che ritenne di distinguere, nel testo costituzionale, le norme che furon dette precettive da quelle definite allora semplicemente programmatiche. Le prime erano immediatamente operanti per tutti, e quindi vincolanti per i cittadini e per il legislatore; le altre costituivano semplicemente inviti rivolti al legislatore medesimo, perché emanasse disposizioni in linea con questi precetti, così da renderli regole effettive nei rapporti tra cittadini, e tra cittadini e Stato.Un costituzionalista insigne – Vezio Crisafulli – già ricordava in uno scritto risalente addirittura al 1948 che disposizioni di questo tipo esistevano anche in leggi anteriori alla Costituzione, come lo Statuto Albertino, e venivano allora menzionate come “principi generali dell’ordinamento”; ne citava come esempio l’articolo 25, i cittadini “contribuiscono indistintamente, nella proporzione dei loro averi, ai carichi dello Stato”.
Lo stesso Autore riconosceva che maggiore impegno richiedeva l’interpretazione di quelle disposizioni, alle quali fin da allora si dette il nome di disposizioni programmatiche, perché “rivolte a disporre quel che potrà o dovrà essere disposto in certe ipotesi e per certe materie”.È avvenuto che la gran parte delle norme che rappresentano segnali di discontinuità rispetto al passato, e solenni proclamazioni di principi cui il legislatore avrebbe dovuto uniformarsi, e che avrebbe dovuto tradurre in leggi rispettose dell’indicazione costituzionale, sono state di fatto ignorate e non hanno trovato, nella produzione legislativa, alcun riconoscimento. Anzi, è avvenuto di peggio.Perché non è vero, che tutte le leggi ereditate dal passato regime, fossero in contraddizione con i principi costituzionali. Anzi, tolte quelle che rispondevano ad una diretta volontà politica per le esigenze autoritarie del regime, la maggior parte delle regole contenute non solo nella legge civile – il codice del 1942 che è tuttora in vigore pressoché nella sua interezza – ma anche in quella penale, rispondevano a criteri perfettamente coerenti con le indicazioni costituzionali. E pertanto, si può dire, costituivano di per sé, senza necessità di alcuna integrazione o modifica, attuazione diretta del comando costituzionale.Invece che cosa è successo. È successo che si sono demolite proprio le norme che costituivano attuazione diretta, presidio e difesa dei principi costituzionali.
I quali così sono divenuti invocazioni prive di forza concreta. Non c’è stato bisogno di cancellare il principio. È stato sufficiente eliminare le regole che lo presidiavano-Qualche esempio. Articolo 98: i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione.Essere al servizio esclusivo, vuol dire semplicemente che essi debbono adoperarsi unicamente per tutelare l’interesse pubblico. Esisteva una norma nel codice – articolo 324 codice penale – che puniva il pubblico ufficiale che avesse “preso un interesse privato in atti d’ufficio”; ovverosia, che invece di compiere atti nell’interesse pubblico, avesse compiuto atti per favorire se stesso, o i propri familiari ecc. Questa norma è stata cancellata e riscritta più e più volte, col pretesto che era troppo generica, così da rendere – oggi – estremamente difficile sanzionare il funzionario che si serve dei poteri pubblici per favorire se stesso od altri; la nuova norma dice che non basta che dal proprio atto – per esempio il rilascio di una concessione – si procuri un’utilità a sé o ad altri, ma occorre che questa utilità sia in violazione di norme di legge o di regolamento. Ma nessuna norma di legge o di regolamento dirà mai che è vietato favorire, che so, la propria amante o il proprio convivente. Per dare concretezza al principio costituzionale, bisogna andare insomma a scovare tra i regolamenti se esista una qualche disposizione che vieti l’utilizzo personale del potere. Il principio costituzionale è così ridotto a pura invocazione priva di effettività.
Il gran proliferare di conflitti di interesse come ora si chiamano, quando riguardano pubblici ufficiali, sono l’effetto della disattivazione di una norma che costituiva presidio diretto di principi costituzionali, l’articolo 98 e l’articolo 97 Cost. il nostro paese è ormai diventato il regno dei conflitti d’interesse, dove i pubblici poteri sono gestiti spesso più per l’interesse proprio che per quello dei cittadini, e dove comunque non si sa quando finisce il pubblico e quando comincia il privato, e se è questo o quello che ha mosso il soggetto ad agire. Si è in questo modo vanificata una regola principe, che in ogni altro paese è assolutamente indiscussa. E non si dica che era ispirata dal regime. Perché questa regola esisteva già nello stato liberale, ed era solo un canone consueto di corretta amministrazione. Non si possono gestire poteri pubblici per gestire i affari privati, del funzionario o degli amici suoi.Leggiamo l’articolo 53: “tutti sono tenuti a concorrere nelle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”Questo è un altro grande enunciato costituzionale.Ebbene, esistevano norme che punivano l’omessa dichiarazioni dei redditi. A seguito delle modifiche introdotte, oggi la sanzione penale scatta solo se l’imposta evasa è superiore a 150 milioni di lire – ora € 77.468,53; ossia solo per chi possiede redditi ingenti. Insomma, il rischio della sanzione penale riguarda chi dispone di ingenti risorse economiche. E per la stragrande massa di imprese e di lavoratori autonomi? Si dirà: c’è sempre una sanzione amministrativa.
Guardiamo in faccia la realtà: solo la sanzione penale dispone di una concreta efficacia dissuasiva. E questa è pressoché scomparsa. Il reddito da lavoro autonomo o d’impresa gode di una singolare posizione di vantaggio. Sia perché il rischio d’incappare in una verifica se non remoto, è oltremodo raro; sia perché, se un controllo avviene, esiste comunque la possibilità di patteggiare il dovuto, attraverso quel che un tempo si chiamava concordato, ed ora accertamento con adesione. Nel penale si può patteggiare la pena solo riducendola di un terzo; un limite che non esiste in sede tributaria. In sostanza: i contribuenti che non sfuggono al fisco sono solo i dipendenti a reddito fisso. Chi percepisce uno stipendio o un salario non ha la possibilità di patteggiare alcuna riduzione di quanto è dovuto. Deve pagare e basta. Il dipendente non ha alcuna possibilità di fare transazioni sulla sua irpef, che gli viene anzi sottratta in anticipo. Di nuovo una lesione grave di un principio costituzionale. Articolo 3: tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge.La Corte Costituzionale il 13 gennaio 2004 annullò la legge 20 giugno 2003 con cui si sospendeva il processo SME nei confronti del presidente del Consiglio, per l’intera durata del suo mandato, ritenendola in contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione. La norma è stata riprodotta come sappiamo con il lodo Alfano, che ha sancito la sospensione del procedimento per le prime quattro cariche dello Stato – presidente della Repubblica, presidenti delle Camere e presidente del Consiglio – sia quanto ai processi eventualmente in corso, sia per quelli che dovessero aprirsi per i reati (eventualmente) commessi nel periodo di sospensione.
Non occorrono commenti. Queste persone – ma sappiamo bene che in realtà la norma riguarda soltanto uno dei beneficiari – possono d’ora innanzi commettere qualsiasi delitto, – e non possono venire processati né sottoposti ad indagini, salvo accertamenti urgenti. È una cosa sconosciuta in qualunque ordinamento costituzionale, dove anzi, il solo sospetto di un reato o di un’azione sconveniente – assumere una colf al nero ad esempio – impone le dimissioni.104 – la magistratura è un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potereL’aggressione ai principi costituzionali si è fatto negli ultimi tempi frenetico, soprattutto in tema di giustizia. Ed è palese perché. Perché una giustizia efficiente ed imparziale – come vuole l’articolo 104 – la magistratura è un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere – è la essenziale ed unica garanzia dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Ma è proprio la soggezione alla legge la regola cui ci si vuole sottrarre. Da qui è partita l’offensiva contro la magistratura. Che si svolge attraverso diverse direttrici:a) Da un lato si dice, il pubblico ministero deve essere separato dal giudice perché il giudice è in imbarazzo se deve dar torto a un suo collega. Ammettiamo per assurdo che sia così, benché basti frequentare un tribunale per sapere che è falso, perché nessun giudice si fa scrupolo di rigettare le richieste del pubblico ministero. Ma quel che non si dice, è che cosa si intende fare una volta che il pubblico ministero non sarà più tutelato nella sua indipendenza alla pari del giudice, come è attualmente: lo sappiamo, finirà inevitabilmente come era prima del 1944, quando il nuovo governo provvisorio stabilì che le procure non dovevano più dipendere dal ministro, per non essere soggette alla volontà politica del governo, che ovviamente aveva modo di far sentire i suoi desideri su chi si dovesse processare e chi no;b) Dall’altro lato si sta varando una norma che vieterà al pubblico ministero di aprire indagini se non riceve una formale denuncia da parte della polizia.
ma la polizia dipende dal Ministro dell’interno, e si capisce dunque che al pubblico ministero arriveranno solo le denunce che hanno il via libera del ministro; non solo; per i fatti di corruzione e di concussione, specialmente quando investono grosse personalità, la polizia nulla è in grado di sapere e nulla è in grado di accertare, sia perché manca degli strumenti informativi necessari, sia perché non dispone dei mezzi indispensabili – intercettazioni, perquisizioni ed altro -. Dunque per i grandi sperperi di denaro pubblico, per i favoritismi nei concorsi per i primariati, per le grandi commesse di lavori pubblici che favoriscono alcuni a danno di altri, per le assunzioni al lavoro in enti pubblici, per le nomine dei dirigenti statali, per quanto vivaci siano le proteste e le denunce della stampa, nessuna indagine potrà essere disposta dalla procura. Ciò che consentirà, di nuovo, impunità agli amici, e rischio di penetranti investigazioni ai nemici. E nonostante che una norma costituzionale – l’articolo 112 – stabilisca che il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. Non dice la Costituzione “ha l’obbligo di esercitazione l’azione penale solo su denuncia della polizia”; non lo dice, e non lo dice ben a ragione. Perché sapeva cosa era avvenuto sotto il precedente regime, quando i tribunali processavano i dissenzienti, ed occultavano ogni malefatta dei funzionari del regime, a cominciare delle prevaricazioni, delle spedizioni punitive, delle vessazioni contro chi osava manifestare anche solo un dissenso dalla politica ufficiale.c) Finalmente, si vuol dare al governo il potere di stabilire, tra tutti i processi, quali debbono avere la precedenza e quali no.
Ma siccome si sa bene che in realtà i tempi dei processi sono lunghissimi, stabilire le precedenze vuol dire fare i processi che interessano al governo, e dimenticarsi degli altri. Solo che dimenticarsi degli altri significa abbandonare una infinità di situazioni di sofferenza sociale che alla collettività interessano. Col decreto sicurezza si è stabilito che processi prioritari sono quelli per i quali la pena non è inferiore ai quattro anni. Quindi truffe, appropriazioni indebite, lesioni personali, frode in commercio, commercio di prodotti falsi, violazione obblighi di assistenza familiare, con i mariti che abbandonano moglie e figli senza passare una lira, il falso in bilancio le false comunicazioni sociali le colpe professionali le lesioni volontarie tanto per fare un piccolo campionario di ciò che non si processerà più, oltre a tutte le contravvenzioni comprese quelle in materia edilizia e antinfortunistica sono destinate a venir catapultate in un futuro lontano, per non dire mai. Che sono poi i fatti che direttamente offendono la stragrande maggioranza dei cittadini e quelli che davvero danno la sensazione dell’insicurezza civile. Una specie di moratoria occulta per la microcriminalità che a mio avviso non potrà alla lunga che sfociare nella prescrizione, altro perverso istituto che ci si guarda bene dall’abrogare, perché è troppo comodo per gli avvocati penalisti. Ed è stupefacente che questa direttiva provenga da un esecutivo che ha costruito la sua immagine sulla sicurezza, urbana, come l’ha ultimamente definita.d) L’ultima offesa è quella che si sta consumando in questi giorni.
L’articolo 32 Cost – una norma direttamente precettiva dice nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario se non per espressa disposizione di legge. Questo principio, che è dotato di una sua sacralità perché afferma il carattere intangibile della persona umana, viene aggirato con lo specioso argomento che l’alimentazione artificiale non è trattamento sanitario, e quindi può essere imposto anche contro la volontà individuale. A parte – scusate l’espressione – la malafede di equiparare la introduzione di un sondino nasale ovvero mediante cannello che penetra direttamente nello stomaco, al cucchiaio o al bicchiere con cui si cerca di alimentare l’infermo, quasi che quelle operazioni fossero alla portata di qualsiasi familiare, e che lo sostanze introdotte fossero omogeneizzati o succo d’arancia, il disegno di legge Calabrò ignora che l’alimentazione forzata offende un altro principio costituzionale, quello della inviolabilità della libertà personale: articolo 13: non è ammessa alcuna forma di restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge. Per questo motivo la Corte Costituzionale ebbe a stabilire con sentenza n. 238 del 9 luglio 1996 , l’illegittimità costituzionale dell’articolo 224 comma 2 cpp nella parte in cui consentiva al giudice, nell’ambito delle operazioni peritali, di disporre misure comunque incidenti sul valore della inviolabilità personale; nessun giudice può imporre il prelievo di sangue contro la volontà dell’interessato, neppure per accertare la commissione di un reato.
Per questo stesso motivo in sede internazionale, fin dal 1975 la dichiarazione di Tokyo della Associazione Medica Mondiale, vietò la nutrizione artificiale dei prigionieri che effettuassero sciopero della fame e dichiarò che i medici che si prestavano a questa pratica dovevano essere sottoposti a processo dai consigli dell’ordine. Una pratica iniziata nei confronti delle suffragette ai primi del 1900 in Inghilterra, abrogata nel 1913 in forza del Cat and Mouse Act per lo sdegno che suscitò in tutta l’opinione pubblica. E che ha tristemente caratterizzato anche Guantanamo. Cos’ha di diverso il disegno di legge Calabrò? Solo il fatto che il paziente non può opporsi, perché in stato vegetativo. E se anche avesse manifestato in precedenza la sua opposizione, le sue volontà non contano nulla, perché, appunto, l’alimentazione forzata non è trattamento sanitario. lo Stato impone di vivere, a tempo indeterminato, e stabilisce lui chi è degno di vivere e chi di morire. E trasforma il medico in un guardiano della sopravvivenza anche di chi dichiaro di non voler vivere in quelle condizioni.- Se a questi si aggiungono altri segnali, – il registro dei barboni, le ronde di cittadini che, anche senz’armi, costituiranno un potente motivo di intimidazione per ogni sorta di “diverso”, si tratti di gay o di prostitute, o di extracomunitari dal volto abbronzato, – ne esce una fotografia di uno Stato arcigno e ostile, per non dire nemico e crudele con i deboli , ma sommamente indulgente con quelli che si chiamarono colletti bianchi, con gli evasori fiscali, con i corruttori e gli sperperatori di denaro pubblico.
Cittadini di serie a e cittadini di serie b. Non era per questo, che molti affrontarono carcere e sacrifici sognando una società più giusta, che punisse i malvagi ma non dimenticasse i meno fortunati, all’insegna di un ideale di solidarietà che avrebbe dovuto accomunare tutti, in un reciproco dialogo di comprensione e di amicizia. Un ideale che sembra appartenere ad un passato lontano, ma al quale occorre credo ancora ispirarsi per lasciare ai figli una eredità nel quale amore e amicizia prevalgano sull’egoismo e sulla paura. E che impone ad ogni persona di testimoniare, con ogni mezzo, il proprio dissenso.
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