Il Pd in poche settimane è stato determinante per cambiare la politica italiana. Il governo appare, seppure oggettivamente fragile nei numeri, più saldo e popolare. L’opposizione è divisa. Si è aperta una discussione finalmente concreta sulle riforme. E poi la politica, grazie alle novità messe in campo da Veltroni, pare aver ripreso il bandolo nelle sue mani; dopo che per troppi mesi banche, imprese, finanzieri, giornali e mille corporativismi di piazza sembravano aver occupato tutto il campo.Mi aspetto contraccolpi. Guai a sottovalutare la quantità e la forza di chi nella Repubblica vuole una politica debole, instabile e ancella. Ma il Pd su questo crinale combatterà. È la sua vera scommessa: rifondare la democrazia, ricostruire un patto tra gli italiani e ridare nobiltà alla politica. Su questo tante volte Alfredo Reichlin ci ha richiamato con passione e intelligenza. Ed è questo il vero nucleo del discorso di Veltroni a Torino. Contemporaneamente all’iniziativa politica stiamo costruendo il partito.Abbiamo una sede nazionale ed un simbolo. Abbiamo eletto l’assemblea nazionale, i segretari regionali, un esecutivo giovane con tante donne, il coordinamento nazionale ed i coordinatori in tutte le province. Ci sono, poi, al lavoro tre commissioni, con cento membri ciascuna, che stanno lavorando per redigere lo statuto, la carta dei valori, il codice etico. Dunque c’è già alle spalle un lavoro straordinario. E tuttavia abbiamo di fronte, ancora, compiti urgenti e difficili.
Ne vedo tre principali. Mettere il Partito con i piedi per terra, articolandolo e strutturandolo tra il popolo e in tutti i luoghi dove i cittadini vivono e lavorano.Secondo: utilizzare da subito quelle straordinarie energie professionali, quelle competenze e talenti italiani, a cui il nostro progetto ha ridato speranza. E, infine: superare il più rapidamente (anche nella composizione dei vari gruppi dirigenti) la sindrome degli ex. Dobbiamo cominciare a mischiarci veramente. A sentirci tutti democratici, affidandoci a trasparenti meccanismi interni davvero aperti, che suscitino responsabilità e scelte nei singoli, piuttosto che nei gruppi e nelle cordate. Lo statuto deciderà. Ma io auspico un partito sempre più dei cittadini e degli aderenti, mobile e dinamico nella sua vita democratica e capace di incoraggiare un pluralismo ricco culturalmente e politicamente attraverso fondazioni, associazioni, pubblicazioni; piuttosto che attraverso rigide catene di comando, che alla fine hanno sempre prodotto grigi «fedelissimi» e mai menti aperte, critiche, e vivaddio autonome. Per cominciare ad operare, se ci sarà consenso, in questa direzione, mi pare essenziale impegnarci con grande energia sulla strada concreta decisa dalla conferenza nazionale dei segretari regionali. Assise di grande rilevanza e che raccoglie dirigenti (uomini e donne) eletti da milioni di cittadini. Nei mesi di dicembre e di gennaio ci siamo posti l’obiettivo di costituire in ogni parte del Paese 8.000 circoli.
Sarà una grande festa della democrazia italiana. Richiameremo gli elettori del 14 ottobre e consegneremo, a chi raccoglierà il nostro appello, l’attestato di fondatore del nuovo partito. Non è affatto male che ci sia una solennità in questa cerimonia di radicamento del Pd. Perché sarà un momento alto (e per tanti emozionante) nel quale, forse per la prima volta, uomini e donne che vengono da storie diverse, o che per la prima volta vogliono iniziare una loro storia, si vedranno in faccia, cominceranno a discutere, a mischiarsi, a cercare il nuovo linguaggio unitario della riscossa repubblicana. In occasione della nascita dei circoli, i cittadini, secondo le regole che ciascun coordinamento regionale avrà deciso, potranno votare l’ampliamento dei coordinamenti federali ed eventualmente la costituzione di quelli comunali.Questa nuova legittimazione nei prossimi mesi permetterà di passare dagli attuali coordinatori transitori, a dei segretari eletti da platee più certe, rappresentative e ampie. Inoltre sarebbe decisivo, così come si farà a livello nazionale, dare vita in tutta Italia ai primi forum sulle tematiche che appaiono più urgenti e sentite. I forum, secondo me, devono essere strutture dotate di autonomia e, dove si può, di sedi. Devono essere soggetti riconoscibili pubblicamente, aperti anche ai non aderenti, presieduti da personalità di indiscusso valore. Non hanno il compito di rappresentare la linea del Partito giorno per giorno sulle varie questioni.
Ad essi va dato lo spazio della ricerca di pensieri, proposte, scenari nuovi, futuri e lunghi. E tuttavia possono essere il luogo privilegiato per istruire le discussioni e i dilemmi che noi, su questioni controverse, vogliamo portare alla decisione di tutti gli aderenti e di tutti gli elettori-cittadini. I forum, insomma, dovranno cavalcare il difficile confine tra partito e società. Tra il dentro e il fuori. In un interscambio continuo, che non può che arricchire il Pd e tenerlo continuamente sulla corda delle tensioni più profonde che scuotono il Paese.Naturalmente tutto quello che stiamo facendo è provvisorio. Siamo nella fase costituente. Solo lo statuto, che si sta elaborando e che mi auguro possa raccogliere anche gli stimoli positivi di questa fase transitoria, ci potrà dire come vivremo a regime e quali diritti avranno i cittadini delle primarie e gli aderenti al Pd. Sarà quello il tempo nel quale sapremo le forme, i modi e i tempi delle nostre assisi democratiche e nel quale potremo andare, ovviamente, ad un primo congresso del Partito che aprirà davvero una seconda fase della nostra nuova storia comune.
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