Suicida uno dei due testi che hanno incastrato gli assassini di Francesco Fortugno. Bruno Piccolo si è impiccato ieri in un appartamento del Nord Italia dove era stato nascosto dalla Direzione distrettuale antimafia per proteggerlo dalle continue minacce che aveva ricevuto da quando aveva deciso di collaborare con la giustizia. Piccolo è il pentito della ’Ndrangheta le cui rivelazioni hanno consentito l’individuazione dei presunti mandanti ed esecutori dell’omicidio del vice presidente del consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno. La sua preziosa collaborazione aveva fatto finire in manette i componenti il comando di fuoco, tra cui il presunto killer Salvatore Ritorto e il capo della banda Domenico Novella, anche lui divenuto successivamente collaboratore di giustizia.
A fare la scoperta gli uomini delle forze dell’ordine invitati a far visita nell’appartamento dai parenti del pentito preoccupati perchè il loro caro non rispondeva da ore al telefono. La notizia, pubblicata sul quotidiano Calabria Ora si diffonde proprio oggi, giorno del secondo anniversario della morte dell’ex vicepresidente del consiglio regionale della Calabria ucciso a Locri il giorno delle primarie dell’Unione per la scelta del premier.
Furono proprio le rivelazioni di Bruno Piccolo, 28 anni, già arrestato insieme ad altre persone per associazione a delinquere finalizzata al traffico d’armi, a portare agli arresti del mandante e dell’esecutore materiale dell’agguato. Dopo alcuni mesi di carcere, Piccolo decise di rivelare agli inquirenti i particolari dell’omicidio e svelò i retroscena dell’assassinio.
Parlò degli incontri con i membri della cosca nel suo bar Arcabaleno a Locri e fece nomi e cognomi. Qualche giorno dopo, fu arrestato il presunto killer di Francesco Fortugno e fu individuato anche il presunto mandante, il caposala dell’ospedale di Locri Salvatore Marcianò. In tutto, gli imputati per l’omicidio dell’ex vicepresidente della Regione Calabria sono otto, quattro di loro sono accusati di omicidio volontario. Oltre ai due presunti mandanti, Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, Salvatore Ritorto, accusato di essere stato l’esecutore materiale dell’assassinio e Domenico Audino.
Il processo contro i presunti assassini è iniziato nella primavera scorsa ma è stato rinviato per motivi procedurali. Secondo la Procura, il suicidio del pentito non causerà però altre sospensioni del procedimento perché la sua testimonianza era stata raccolta in sede dibattimentale e “non perde valore seppure il teste si è tolto la vita”.
Ma proprio la coincidenza con la data dell’omicidio e con l’inizio del procedimento contro i presunti responsabili, lascia molti dubbi sul suicidio. A raccoglierli per prima è stata la moglie di Fortugno, Maria Grazia Laganà, che ha espresso le sue perplessità sull’accaduto in mattinata. “Il fatto è molto grave e chiederò che si indaghi sulla morte di questo ragazzo”, commenta. Poi, aggiunge: “Ora bisogna spingere per cercare la verità sino in fondo anche in un momento caldo e così intenso del processo”.
Tutte perplessità che vengono rilanciate anche dal presidente della Commissione Antimafia Francesco Forgione.
“Questo suicidio rafforza il bisogno di avere una verità piena sul delitto di Francesco Fortugno, il che vuol dire ragionare sul contesto politico-mafioso in cui quel delitto è maturato”, dichiara Forgione, che oggi si trovava a Locri per partecipare alle cerimonie in ricordo del vice presidente del Consiglio Regionale calabrese. “Piccolo – dice ancora Forgione – non è il primo collaboratore di giustizia che si uccide. Bisogna capire il contesto e avere una piena verità su quanto accaduto. Comunque è un’altra vittima della ’ndrangheta”.
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